La Casa delle Farfalle è la dodicesima avventura sequenziale di Samuel Stern. Ed è un po’ come se diventasse maggiorenne. Ho letto le pagine in trepida eccitazione. Perché è una storia che prosegue su binari procedurali, e se avete un po’ di esperienza in storie di questo genere, saprete bene che il protagonista ad un certo punto dovrà scontrarsi con il Male. Solo che in questo caso più che uno scontro vero e proprio, si tratta di un incontro. Un reciproco annusarsi che smette di essere guerriglia e diventa battaglia. In queste pagine il personaggio di Samuel si mostra nella sua ottusa umanità. La sua fallibilità di genitore errante ci viene mostrata in tutto il suo orgoglio. Come chi ben sa chi lo legge dal principio, Samuel ha una figlia, Lily, che per motivi che non ci sono svelati decide di escludere dalla sua vita. Lo stridio tra il desiderio di abbracciarla e quello di proteggerla definisce la caratura umana del personaggio. Nella Casa delle Farfalle lo spirito altruistico e cavalleresco di Samuel emerge ancora. Succede in un dialogo nella fase iniziale, in un contesto che non vi svelo ma che suscita meraviglia. Più prepotentemente nella chiusura della storia, quando la presenza del Male si svela e rimane tempo solo per il confronto finale. Ma procediamo con ordine.
Samuel si trova ad investigare su un caso di bambini scomparsi iniziato nella Scozia rurale qualche decade prima ma che non accenna a scomparire. A guidarlo, una sensazione che non è nemmeno un indizio e forse, anzi sicuramente, il senso di colpa per non poter essere vicino a Lily. Non vi rivelerò nulla degli intrecci che portano alla conclusione, non me le perdonereste mai. Ma, parola di vecchio Flywas, il dinamico duo Fumasoli/Filadoro (qui assieme a Savenago) riescono a farci percepire per bene il rancido e la totale privazione della speranza. In uno snodo ben precisato, Samuel si trova in una situazione a dir poco claustrofobica, e quella sensazione rimane appicciata addosso e ci trascina fino al finale che è a dir poco catartico. Le tavole di Coniglione, colme di dettagli, si adattano alla perfezione al ritmo della storia. Una volta di più i ragazzi della Bugs si rivelano capaci di tessere un intreccio adulto, senza dualismi netti e dove la possessione, il pane quotidiano del povero Samuel, si mostra per l’ennesima volta come il punto di rottura dell’essere umano, senza doverne necessariamente essere la maledizione. E questo forse è il punto che mi fa più pensare.
Seguo le avventure di Samuel sin dal principio, e non so se posso ancora parlare di affinità elettiva, ma comprendo di trovarmi di fronte a qualcuno che scrive storie che fanno vibrare quelle corde basse che tanto mi sfiziano. In questo numero però Samuel fa un passo in avanti, alcuni eventi si legano assieme rafforzando la continuity e di fatto il corpus narrativo si complica. Insomma Samuel, diventa maggiorenne! Ultimo punto di cui voglio parlarvi è l’inserimento di un personaggio, Foster Crenna, poliziotto hard boiled dai modi spicci ed il cuore nel posto giusto che deve assolutamente ritornare come figura ricorrente. Perché lui e Samuel fanno una squadra molto brits, se capite che intendo (strizzatina d’occhio).
Il resto è il male che permea quelle pagine e l’attesa di qualcosa di grosso che prima o poi succederà. Ci sono mille possibili declinazioni in esso. E altrettante possibili considerazioni.
E che diamine, se un fumetto ti fa fare questo, ha già fottutamente vinto .