Ci vuole il fisico per certe cose. Serve il fiato e l’allegria. Ed invece i social questo entusiasmo te lo sfibrano giorno dopo giorno. Perché, diciamocelo, ad affrontare certe tematiche con serenità, ci passi da fesso. Ed è un gioco che, malgrado lo stomaco mi pressi, non mi va poi così tanto.
Però resto curioso, interessato. E allora, con una settimana di ritardo, l’ultimo giorno che è possibile trovarlo in edicola, sono andato a recuperare la famigerata intervista fatta da Marco DaMilano a Michele Rech, sull’Espresso. Non si inquinino i fatti, io a Michele, al secolo Zerocalcare, gli ho voluto bene. Perché credo che sia capace di inquadrare in modo quasi naturalista la fredda verità delle periferie. Io che a Roma ci ho vissuto, e che resterò Romano per sempre, riconosco il parlato, i gesti, la mimica facciale. E poi i riferimenti pop, la capacità di inquadrare una generazione con taglio da orologiaio svizzero. Credo che se oggi molte librerie di varia abbiano sezioni dedicate interamente al fumetto in ogni sua declinazione, è tutto merito suo. Quindi applausi per Zero.
Poi però credo pure che negli anni, abbia scelto la via più comoda. Che raccontare altre storie come Kobane Calling, o inoltrarsi nell’impegno sociale in altre declinazioni lo avrebbe allontanato dal suo pubblico. Sui pericoli del pubblico ci arriviamo, datemi un secondo. Le sue doti di storyteller si sono affinate, ma le tematiche, con gli anni sono rimaste sempre le stesse. Tutta la retorica degli Accolli l’ho sempre digerita male. E’ purtroppo in determinati casi ci ho letto una certa autoindulgenza nel voler a tutti i costi pubblicare qualcosa. Lasciamo perdere il mediocre Dodici. Ma concentriamoci Sulla Scuola delle Pizze in Faccia e a Babbo Morto. La sola cosa che riesce a venirmi in mente è un sonoro, colossale, perché? E poi arrivano pure le statuine…
Ora, non voglio fare l’ingenuo. Il pubblico è una bestia pazzesca, non c’è modo di accontentarlo tutto. E su internet arriva il peggio, le orde di Troll, gli incontentabili. Però quando ho letto la copertina dell’Espresso, qualche dubbio è venuto anche a me. Passi la posa da ultimo eroe sovietico dell’avvenire – Zero ha poi commentato che era una foto presa ad una presentazione e non era certo una sua scelta. Ma poi quel titolo, l’ultimo degli intellettuali, che ha fatto davvero inarcare davvero molti sopraccigli. Malgrado abbia pure sentito il bisogno di giustificarsi dicendo che non è certo lui a fare i titoli dell’Espresso. Certo, ci mancherebbe.
Arriviamo al pubblico. Come per ogni buona polemica che si rispetti, gli schieramenti sono stati due. Gli Hardcore, avvelenati che con un simile passaggio abbia svenduto la sua immagine ed i Lealisti che lo hanno applaudito per aver raggiunto un simile palcoscenico. Definendo i primi con un immancabile, in questo palcoscenico politico, rosiconi.
La mia idea, che è leggermente differente da quella che mi sono poi confezionato leggendo l’intervista, sta un po’ nel mezzo. Non c’è da rosicare. Se Michele Rech raggiunge il palcoscenico di una rivista come l’Espresso, è davvero il segno che forse si finisce per sdoganare ‘sti benedetti giornaletti una volta per tutti. In fondo ogni volta che pubblica un titolo lui, finisce al primo posto delle classifiche di varia. E qualcosa vorrà pure dire. D’altra parte intellettuale è un termine pericoloso. Se è vero che con quel termine si identifica, anche, qualcuno che è capace di descrivere la realtà per i comuni mortali, e che lui a fare questo riesce discretamente bene, il termine mi risulta lo stesso improprio. La sua fotografia quale è? Una società asociale e burbera. Chiusa in casa a guardare serie TV e mangiare plumcake. Al massimo nostalgica. Forse ho le aspettative alte, ma mi aspetterei una visione filosofica molto meno limitata.
E qui arriva finalmente il pubblico. Credete che ai lettori di Zerocalcare interessino i curdi, i centri sociali e la politica? Scusate il cinismo, ma credo che la maggior parte dei lettori si aspetti da Zero qualche arguzia da fratello maggiore, un po’ di battute a ‘la romana’, tutti i riferimenti pop del caso. Perché è vero che stiamo diventando un popolo asociale e burbero. Chiuso in casa tra serie TV e Plumcake.
E questo mi fa incazzare.
Perché se hai le capacità, e se amate come me Kobane Calling, sapete che Zero le ha, di entusiasmare, appassionare, sensibilizzare, e non lo fai perché non vende, abbiamo un problema.
E qui purtroppo arriviamo al tema dell’intervista. Chi di voi ha letto Scheletri, sa che proprio il personaggio di Zero ne esce imborghesito, appesantito da quella storia. Preso troppo a giudicare dalle apparenze per uscire dalla sua zona di comfort.
E l’intervista segue lo stesso ritmo. La politica era più sentita una volta. I giovani sono tutti conformisti sui social. Non c’è speranza per il futuro. E poi il peggio, non tradirei mail mio pubblico facendo qualcosa solo per vendere, però faccio le statuine perché i libri vendono. Mmm. Cinque meno meno per essere un faro generazionale.
Che poi mi rendo conto che la pantomima del giovane adulto imbronciato e nevrotico può funzionare finché hai trent’anni. Dopo o continui perché ci vuoi fare i soldi, o ti devi inventare una evoluzione. Che non sto vedendo.
E allora torniamo all’intervista di cui sopra. Damilano intervista Rech perché hanno fatto la quarantena su Propaganda Live. Ci può anche stare, a parte, che Zero critica i salotti buoni della cultura proprio perché intenti a farsi le rispettive recensioni un po’ marchettare. Ma Damilano conosce altri fumettisti? O si è scelto Zero un po’ come nei ’90 si sceglieva Lorenzo Jovanotti, perché non c’era di meglio direttamente sotto il sole?
Il problema sta tutto là. Io Michele Rech in copertina ce lo vedo pure. Bastava solo un titolo più onesto, tipo, il primo dei comunicatori.
E tutti avremmo potuto occuparci del prossimo flame internautico.