In giapponese il kanji Munashi, che significa bugia, indica anche una città in rovina. Metafora che si può serenamente applicare a questo piccolo gioiellino di Ann Nocenti e Flavia Biondi pubblicato dalla Berger Books, la nuova linea della storica editor della Vertigo Comics, Karen Berger.
In Italia potete trovarlo tra i volumi usciti lo scorso anno per Bao Publishing.
Ann Nocenti scrive una storia ambientata nella provincia americana in disarmo, disintegrata dall’assenza di possibilità e lavoro. Potrebbe raccontare qualsiasi decennio, sono sicuro che tutte le generazioni hanno prima o poi considerato le loro hometown decadenti e sperdute una volta o l’altra. Ma l’assenza di speranza, purtroppo, è quella tipica dei nostri anni. Lana è una ragazza del posto, famiglia disfunzionale con madre che non le perdona nulla, soprattutto di essere lesbica, e padre iper comprensivo. Dopo la scuola superiore passa da un lavoro all’altro ma non trova una sua dimensione.
Ruby falls, che è una metafora, non solo un posto con delle belle cascate, ma anche la storia di una donna che cade. Clara, la nonna di Lana vive in una casa di riposo, costretta a registrare dei video su uno smartphone per ricordarsi chi è, un giorno racconta a Lana di una donna scomparsa. Un crimine cui lei sembra aver assistito ma di cui nessuno parla volentieri.
Proprio per quello Lana comincia ad indagare. Ed è il momento in cui la città in rovina si traduce in un cumulo di bugie. Tutti sanno qualcosa, ma nessuno vuole dire abbastanza. Lana si incapriccia, si fa aiutare dalla sua ragazza Blair, fin quando anche la nonna scompare. Ed il bubbone esplode.
Non voglio raccontarvi l’intreccio, che mescola una suggestione alla Raymond Chandler con lo sviluppo di un cold case amatoriale (Lana ovviamente non ha quell’esperienza). Ma nella sua imprecisione Lana, si rivela terribilmente umana.
Perché di questa storia, il noir è soltanto un colore di cui si tingono alcune pagine. Tutto il resto è una crudele metafora del patriarcato. Tema sempre più ricorrente recentemente. Tema di cui l’urgenza di parlare deve presto diventare azione. Ruby Falls, come buona parte dell’America rurale è una società maschilista e paternalista. Le donne non possono entrare in un bar, se non sono di facili costumi. E tolto quello, servono solo per badare alla casa.
È una società che vede male le donne indipendenti che cercano di trovare una rotta nella propria vita. Una società dove anche le donne si autosabotano e si incolpano tra di loro per i loro insuccessi. Delle molte donne che popolano questa storia, le più sintomatiche sono proprio quelle della famiglia di Lana.
Clara, con le sue idiosincrasie e la demenza, appartiene ad una generazione dove alle donne non era nemmeno concesso avere delle aspirazioni. Che forse era meglio tenessero lo sguardo fisso sul pavimento senza fare troppe domande. Alla figlia, era bastato rimanere incinta per perdere tutte le possibilità. Lana è quella che lotta contro un sistema. Un sistema costruito sulle convenzioni e dove lo spauracchio di una donna scomparsa sessant’anni prima diventa un ammonimento della buona notte. Non fare la Betty, non cadere.
In tutto questo le tavole di Flavia Biondi regalano un tocco più europeo alla storia. Il tratto delicato, si focalizza sulla dolcezza che anima le donne di questa storia, tutte caratterizzate da lineamenti morbidi, archetipici. E costruisce una toponomastica per Ruby Falls, che è a sua volta un personaggio portante della storia.
Ann e Flavia collaborano per creare una storia che diviene a sua volta un ammonimento. Ruby Falls potrebbe essere in provincia di Cuneo o in un sobborgo di Brisbane. Il senso, la ricerca di una rotta per il proprio cuore rimarrebbe immutato.
PS un grazie di cuore a Laura Imai Messina per la bella definizione del Kanji Munashi!