Ci sono cose tra gli oceani che inghiottirono Atlantide e l’ascesa dei figli di Aryas che devono essere ancora raccontare. Una pangea di Storie che in maniera quasi ancestrale sono arrivate ad infestare le menti degli adolescenti da quasi un secolo a queste parti.
Storie di torri incantante e città maestose. Di donne voluttuose e creature infernali. E di barbari ladri. Storie mai invecchiate e che anzi, tornano a pulsare di nuova linfa vitale ora che il corpus di storie Howardiano nella vecchia Europa è finalmente svincolato dalle ferree legislazioni sui diritti (delle famiglie) dell’autore. Questo ha lascito spazio produzioni autoctone, slegate dai canoni Marvel. Al contrario di un editore per necessità agganciato al politically correct, la vecchia Europa ha saputo restituire ruvidità e possanza alle suggestioni pulp e weird del corpus originali.
E qui arriva il lavoro di Leviathan Labs, che con il suo Barbarian King ha saputo restituire fasti ad un re Conan vecchio, ferito, ma ancora gagliardo e ruggente. Mentre il King Conan Marvel anni ’80 indossava solo una tunica per distinguersi dalla sua controparte più giovanile, qui ci troviamo ad un sovrano che porta addosso le cicatrici di una vita. Segnato, marchiato, legato a più mogli e sovrano di una silenziosa Aquilonia.
Ed è qui che il meccanismo di rielaborazione funziona nel modo più efficace. Raccontare le vecchie storie (partendo proprio da la Torre dell’Elefante), ma senza ripetere gli stessi snodi narrativi nella stessa identica maniera. Anzi, arricchendo di particolari inediti, mescolando inediti aspetti narrativi proiettati nella senectute del cimmero hyrboriano.
Per fare questo, prodursi in un vero e proprio labour of love, bisogna conoscere le storie originali, saper distinguere come gli archi narrativi originali hanno subito innesti da autori postumi, studiandone le piccole variazioni e le sostanziali presenze dei personaggi portanti.
Così, mentre nella serie di volumi originali ci troviamo di fronte al Re Barbaro impegnato in una vendetta contro un temibile avversario ritornato da un passato remoto, in questo primo spin-off, Salomè, ritroviamo un comprimario importante dei primi due volumi, ripreso direttamente dalla storia originale, a witch shall be born pubblicata nel 1934 su Weird Tales (incredibile quanto questa parola, ultimamente faccia capolino abbastanza spesso). In questo volume la sceneggiatrice, Barbara Giorgi, riprende le fila della vicenda della strega gemella di Khauran per inserirla in un ciclo di morte, rinascita e redenzione che oltre ad amplificare l’elemento base della bambina abbandonata nel deserto, ribalta la percezione mostrando una versione adulta della strega impegnata nella stessa scelta che fu dei suoi genitori. Per emergere dall’inferno Salomé deve stringere un patto con un diavolo capace di logorarla a livelli fisici e mentali. Pur essendo un ‘semplice’ racconto pulp (no, non pensiate che lo creda davvero), in realtà la Giorgi riesce ad includere una considerazione molto profonda sul ruolo delle donne. Il personaggio di Rut, giovane moglie del vecchio Khalud, a suo tempo già patrigno e padrone della stessa Salomé, stanca da una vita di abusi, vede il suo schiavista in un momento di debolezza e coglie l’occasione. ‘Non era il potente mago che mi possedeva’ , parole evocative usate come una lama affilatissima e tagliente.
Un elemento che mi colpisce sia nelle storie del Barbarian King che in questo volume, è come l’innocenza dei bambini venga compromessa, non lasciando di fatto scampo. Si tratta di storie adulte ed estremamente congeniate per forza dirette discendente del lavoro di Robert E. Howard.
In questo, le matite di Nicolò Tofanelli contribuiscono creando un mondo consistente ed avvolgente. Tratti pieni e figure voluttuose. Sfondi carichi di dettagli che riportano la topografia di un mondo aspro ed irto di pericoli.
Leggere queste storie porta indietro uno strano sapore per me che sono cresciuto con il format bonellide delle storie adattate da Comic Art. Il registro è più adulto e rude, ma la sensazione è proprio quella di assistere ad una evoluzione rispettosa ma necessaria di un personaggio miliare della cultura pop mondiale.
Applausi a scena aperta per Leviathan Labs.