In copertina c’è un ragazzo a cui sta per cadere sulla testa una incudine ed il titolo è “Qua tutto a posto” : mi ha fatto venire in mente tutte le volte che rispondiamo in questo modo a qualcuno che si preoccupa per noi, la distanza che c’è tra ciò che dimostriamo agli altri e cosa ci passa per la testa. Un tema abbastanza universale sull’incomunicabilità, il non essere capiti e tutto ciò che sembra filosofico tra essere e apparire. All’inizio mi ha fatto avere qualche pregiudizio nella lettura.
All’inizio ho avuto dei dubbi su alcune soluzioni grafiche e su una certa rarefazione dei dialoghi, ma dalla seconda metà del fumetto in poi sono riuscita a capire qualcosa in più e la storia non è leggera come sembra. Le prime vignette sono quelle di una casa, un bambino che disegna, la mamma lo chiama per nome, Luca è anche il nome dell’autore quindi credo che la storia sia autobiografica o comunque non del tutto inventata. La trama non è lineare, il viaggio verso Roma di Luca, il fratello e suo padre è il filo conduttore che riporta alla mente del protagonista vecchi ricordi. Ad esempio la fermata all’autogrillo (come viene chiamato nella graphic novel) dove c’è una matita gigante, gli fa ricordare il primo giorno di scuola e il regalo di sua madre e così ogni immagine evoca in lui altri ricordi e spezzoni di vita alternati al viaggio. Sembrano disposti casualmente ma solo alla fine della lettura, rifacendo mente locale, tutte le immagini riescono ad incasellarsi bene nella storia e ad avere valore. Si può capire solo alla fine che il titolo del fumetto non ha niente di banale, anzi è riferito ad una frase detta da suo padre in uno specifico momento e soprattutto in un luogo che non visitiamo volentieri (evito spoiler fondamentale). L’incudine è il peso che ognuno si porta dietro, nel caso specifico qualcosa che forse anche altri hanno dovuto superare, a volte lasciandosi schiacciare o magari fermandosi senza farcela a trascinarlo dietro. Dalla vicenda di Luca riesce a comunicare al lettore qualcosa che è una emozione universale. Ho apprezzato la storia, quello che ci sta dietro, il tentativo di alleggerire con frasi ironiche e, anche nel finale, con una risata di Luca e del fratello, confesso di aver sorriso.
Nel comparto grafico riscontro una forse eccessiva semplificazione della linea e della regia. Il vantaggio è che il design permette di riconoscere subito anche con dettagli minimali come il colore dei capelli i vari personaggi. Una nota che stona è l’attacco di panico reso con gli occhi bianchi. Ricorda certe cose di Zerocalcare che non apprezzo particolarmente. Le tinte statiche del colore rappresentano una curiosa scelta stilistica.
Il ritmo narrativo accelera con il proseguire della storia, e man mano che tutti i pezzi tornano al loro posto il processo di immedesimazione fila via liscio. Le parti che ho amato di più sono legate ai dialoghi col fratello e la storia di Roma e del papà.
Si percepisce l’intento dell’autore e quanto sia legato alla sua famiglia, pur dimostrandolo ironicamente e senza piangersi addosso sulle proprie ferite. Luca Berlati è un autore seguitissimo su Instagram, e per quanto voglia fare ironia anche nella promozione del suo lavoro, trovo che il fumetto lasci un groppo alla gola nel finale.
Gloria
Autore | Luca Berlati |
Casa Editrice | Shockdom |
Pagine | 160 |
Prezzo | 15,00 € |