Ci sono dei momenti in cui anche a case editrici come la Marvel le cose non vanno come dovrebbero. Probabilmente il ritardo cinematografico causato dalla pandemia non ha dato la giusta luce alla serie regolare su Black Widow. Il primo arco narrativo doveva sincronizzarsi con l’uscita cinematografica ed invece, per un curioso gioco del destino, è in fase di pubblicazione come negli anni ’90, senza Funko Pop a sorreggerne le vendite.
Non ingannatevi però, sto ancora cercando di capire se questo sia un male e, dopo la lettura del primo arco narrativo, the ties that binds (chissà se il riferimento è proprio alla canzone di Springsteen presa da the River), direi in maniera quasi assoluta che, no. Le influenze cinematografiche hanno fatto più male che bene ai fumetti Marvel e, questa storia, non ha bisogno di endorsment di nessun tipo. Perché se la cava in maniera eccelsa da sola.
Anzi, a voler essere onesti, la sola concessione fatta al cinematic universe è una brevissima comparsa, circa quattro vignette, del Red Guardian in versione barbuta, che poco aggiunge alla storia, a parte essere il più pretestuoso possibile. Ma capisco che Kelly Thompson abbia dovuto concedere qualcosa.
Cameo a parte, l’idea di Kelly Thompson è un meccanismo ad orologeria perfetto. Nat Romanov è un agente speciale, c’è molto poco di supereroistico in questa serie, ma è anche una donna matura, con le sue incertezze e le sue contraddizioni. Un aspetto che ho particolarmente apprezzato è il modo in cui viene gestita l’amicizia tra lei e Occhio di Falco.
Piccola disamina : il loro legame stretto nasce da Age of Ultron. Altra piccola concessione all’MCU che però oramai possiamo considerare canonica. Anche perché a quel tempo i film Marvel erano ancora scritti con criterio e il momento in cui Clint mostra il suo lato umano e l’amicizia con Nat è uno dei più belli e toccanti dell’intero MCU. Qui non c’è lo stesso tipo di relazione : Clint non ha una famiglia e, non so bene per quale ragione, si è deciso di renderlo sempre un po’ un cincischiante balordo (se scrivevo cazzone mi sentivo in colpa) . Malgrado ciò la relazione tra Clint e Nat è quel tipo di rapporto che se sorretto dal rispetto delle rispettive sfere affettive, diventa un’amicizia per la vita.
Digressione chiusa : Nat torna da una missione e viene assalita in casa da un nemico sconosciuto. Scompare. E tre mesi dopo riappare a San Francisco, gran bel ritorno per la Vedova, con un compagno ed un figlio, totalmente ignara del suo passato. Almeno a livello conscio, perché si scopre capace di una memoria fisica verso le arti marziali e, per passatempo, costruisce bombe con quello che trova in garage. Tutto bene, comunque, una vita piena, appagata, equilibrata. Quasi da poter dire, senza alzare troppo la voce, felice.
Solo che Clint ed il Soldato di Inverno (credo che se ci fosse Facebook nei fumetti Marvel, Buck sarebbe in una relazione aperta con Nat) la trovano e, inavvertitamente, scoperchiano il vaso di pandora. Il dilemma è semplice. È lei, ma priva dei ricordi della camera rossa, del suo passato, di tutto il resto. Ma non è lei perché ha una vita che non potrebbe avere. Eppure sembra felice, perciò che fare ?
A togliere tutti di impaccio, ci pensano gli occulti avversari, un manipolo di criminali di serie z, guidati però da madame Hydra e da Arcade. La loro missione era annientare il pericolo Vedova Nera, donandogli una vita che fosse felice ma lontana dal palcoscenico supereroistico. Solo che la presenza del Winter Soldier e di Hawkeye rischia di compromettere tutto. Ovviamente c’è un piano B, che non sto a svelarvi, e c’è un mare di azione, di cui parlerò tra un secondo.
Quello su cui mi preme soffermarmi è la bravura di Kelly Thompson nel tratteggiare le fragilità di una super donna. Il conflitto tra quello che c’è e quello che si sarebbe potuto avere, l’aspro aroma del rimpianto, il coraggio di prendere decisioni altruisticamente dure. La modernità dei fumetti Marvel, che poi è stata alla base di tutto da sempre, è proprio la capacità di rendere umani individui con tutte le ragioni per negarci quel tipo di empatia.
E poi c’è Elena Casagrande. Elena è una disegnatrice fenomenale, capace di disegnare personaggi adulti, stilosi, dai tratti levigati e dalla maturità delle espressioni. E poi disegna delle scene sequenziali strepitose. Praticamente ce ne è una per ogni episodio, e sono tutte cariche di dinamiche mozzafiato. Con queste sequenze cinematiche dà un significato completamente nuovo allo spazio bianco tra le vignette.
Eppure il momento più carico di pathos è una vignetta singola, illuminata dalla luce del tramonto con Nat sdraiata e affranta su un divano. Identificare un miasma umorale impenetrabile in pochissimi tratti e ovviamente la identifica come una disegnatrice versatile e misurata.
Di fatto, quella sequenza, posizionata alla fine del tormento adrenalinico dei primi cinque numeri, è la mia preferita. Il lavoro di Kelly ed Elena si fonde alla perfezione in una conversazione tra Nat e Buck dove emerge tutta la fragilità e, si, l’umanità del personaggio.
C’è un altro dialogo meraviglioso, proprio tra Nat ed Occhio di Falco, sempre nello stesso numero. Clint non perde occasione per dimostrare come noi uomini sappiamo essere infantili e fragili in una relazione adulta come l’amicizia che hanno loro due e che sanno gestire. Ma va bene così, perché nella loro dinamica, la Vedova sarà sempre quella che dovrà sorreggere questi sbalzi. Sapendo che il cuore di Clint è più grande di tutte le sue idiosincrasie.
Resta solo da aspettare che finalmente questa storia arrivi anche in Italia.