È arrivato da pochi giorni in libreria il nuovo volume dei fratelli Mammucari legato all’universo di Orfani. Si tratta della riproposizione in formato cartonato gigante dell’ultima uscita da edicola, ormai datata 2018, della serie di fantascienza targata Bonelli.
Tralasciamo per un momento tutta la parte mediatica della faccenda, con quello che è stato, e quello che sarebbe potuto essere. Con la stagione dedicata a Terra, i personaggi mutano radicalmente e ci si trova davanti un cast lontanissimo dalla serie principale, da Ringo e dalla Mocciosa. Quasi come se ci si volesse mostrare un mondo comune con differenti personaggi e storie.
Quella di Miranda, Cain e Max, rimanda alla fantascienza distopica di matrice maggiormente sociologica. Una civiltà verticale suddivide i propri cittadini tra degni di essere salvati attraverso l’ultima astronave che dovrebbe portare sul Nuovo Mondo, e la plebe, che vive raccolta in un formicaio, lupi tra i lupi, disposti a tutto pur di ottenere un biglietto per la partenza.
In questo scenario si muove un regime dei colonnelli che governa saldamente con un pugno di ferro ed una ribellione nascosta, che cerca di minarne le sicurezze evitando accuratamente bagni di sangue. Nel mezzo l’ombra di Mercuzio, personaggio oltremodo Shakespeariano che mi ricorda in qualche modo Saw Gerrera ma che ne limita gli estremismi ponendo gli accenti sui fanatismi.
La storia prosegue esattamente da dove si era interrotta col primo volume. Cain e Mark vogliono trovare il perduto amico Bug e nel mentre rimettere in sesto Miranda che non sembra abbia tutte le rotelle funzionanti nella modalità corretta. E non credo sia infatti un caso che venga destinata ad una sorta di Bacta Tank per recuperare tutte le funzioni.
Non prima che se ne sia scoperta l’origine, che omaggia la ballata del mare salato di Pratt con un affetto e devozione degni di nota. Il modo in cui Cain e Max si addentrano nelle vicende del formicaio e poi della città è al massimo divergente. Mentre il primo conserva un fanatismo estremista, pronto a sacrificare se stesso e gli altri per Miranda, Cain mantiene la sua fredda logica, che lo porta prima a cercare Bug e poi a capire che, di fatto, sono sprofondati in un gioco molto più grande di loro.
Non voglio rovinarvi il finale, con il colpo di scena conclusivo, che pure tocca bene e si integra in questo addio definitivo (davvero?) alla saga, però mi limito a dire che siamo in completa controtendenza con la proiezione verso il Nuovo Mondo del troncone principale della serie, mentre tutta la costruzione è focalizzata sul rimanere e combattere per quel poco che si ha.
lo spirito che anima i personaggi, a suo modo tutti, è survivalista è focalizzato sul concetto che nessuno avrebbe davvero possibilità concrete di sopravvivere nel nuovo mondo, ragione per cui, potrebbe essere molto meglio giocarsi tutte le possibilità su quello che si ha.
I Mammucari lavorano al soggetto assieme a Giovanni Masi e Mauro Uzzeo, collaborazione che poi proseguirà sul Confine. Lasciati soli nella sceneggiatura, presentano uno stile secco, che non disdegna frasi ad effetto inserite in un contesto di disperazione quasi netta.
Le matite di Luca Genovese, che ben si amalgamo alla colorazione di Luca Saponti rendendo alla perfezione il mood del formicaio che, da Ready Player One a qualsiasi favelas brasiliana contemporanea, riesce a trasmettere un ansiogena sensazione di precarietà. Dal punto di vista della regia, le scene più marcatamente action come quelle in cui Cain le dà di santa ragione a Ruben valgono da sole il biglietto di acquisto.
Al di là del semplice gioco citazionistico, Cain e Max si muovono nello stesso equilibrio che anima Tetsuo e Kaneda di Akira, dove Miranda è l’enfant prodige destinata a rivoluzionare il mondo.
Un bello stacco in conclusione dalla narrativa principale che resta solo con l’amaro in bocca per l’esserne la conclusione. Perché, personalmente, avrei davvero voluto vedere dove Matteo ed Emiliano avrebbero potuto i personaggi a crescere in uno spazio tutto loro e magari con maggiore regolarità.