Cosa si può scrivere di Hugo Pratt che non sia ancora stato raccontato, detto, telefonato? Con tutte le mie nevrosi da uomo moderno, non fatico a trovare in rete qualcosa che avrei voluto scrivere io. Hugo Pratt era un figlio del suo tempo, uno che con i mezzi e la voglia giusta è riuscito a trasmettere a generazioni intere la voglia di libertà. E bè, di sognare.
Quindi, cosa vi racconto?
Basterebbero solo alcune immagini, quel desiderio, in fondo inespresso, di riuscire a raccontare un giorno, una storia con una sola linea. A palazzo Ducale a Genova provano a fare di meglio. In un anno come uno degli ultimi due, che ci ha lasciato arenati, bloccati in darsena, ecco arrivare una mostra che ci trasmette la voglia di viaggiare in oceani distanti.
Caso vuole che Genova diede i natali al più famoso dei figli di Pratt, quel Corto Maltese che più di mezzo secolo dopo veleggia ancora sull’Oceano Pacifico. Era il 1967 ed usciva una rivista, Sgt Kirk che avrebbe ospitato la Ballata del mare Salato. Il giovane marinaio era pronto per diventare leggenda e ad aprire gli orizzonti che forse nessuno, come il fumettista di Malomocco a quel punto, aveva mai osato sfiorare. Sgt Kirk poi, non sarà solo Corto.
Il concetto stesso di rivista di fumetto è pensato per aprire gli orizzonti offrendo nuovi mondi oltre che alla possibilità di darsi alla noia, nel caso. Tempi vorticosi come i nostri ci impediscono questo lusso, ed il pensiero di una rivista autoriale con un indice variabile non sembra esercitare lo stesso fascino di volumi monografici dove sicuramente sapremo cosa leggeremo, ma anche l’eccitazione somiglia ad un rischio controllato.
Questa mostra ci permette di spingere moltissimo su Pratt, oltre che su Corto. Il suo passato di avventuriero, conoscitore dell’uomo e della Storia, ricercatore di luoghi esotici, viene rovistato, analizzato, fino a trovare tutti i riferimenti. L’iconografia di tavole e fotografie permette un approfondimento ulteriore donandone una dimensione più concreta e tangibile.
La stessa poetica di Pratt viene disaminata suddividendola in aspetti che non possono sconnettersi dal biografismo. Ampie sezioni sono lasciate al sud America e al passato africano. Naturalmente è impossibile trascurare quella Venezia il cui campanile di San Marco faceva ombra sulla sua Malamocco.
Ma è interessante anche l’approfondimento sui maestri ed i rivoluzionari che hanno accompagnato le vicende dei suoi grandi eroi. L’esposizione presenta una grande collezione di acquerelli, prove di stampa, studi e tavole originali. Il catalogo, di cui parlerò a breve conserva anche una serie di interventi di studiosi e collaboratori che intercettano la rotta tracciata da Pratt.
Non esiste uno spazio dedicato solo a Corto. C’è Sgt Kirk, Ticodenoga, i mitologici Scorpioni del Deserto. Con uno sguardo ampio anche agli alumni. Dai nostri Matteo Casali e Giuseppe Camuncoli che hanno provato a tracciare un seguito delle avventure degli Scorpioni fino ad arrivare ai sudamericani che hanno deciso di proseguire sulle orme di Corto, Juan-Diaz Canales e Ruben Pellejero. Senza tralasciare Oceano Nero il curioso reboot di cui parlo qui ed intervisto l’autore qui.
Un’ultima parola va e deve essere spesa per il catalogo della mostra, che spero di poter recuperare in formato cartaceo quanto prima. Una riproduzione della testata e dello stile di Sgt. Kirk. L’omaggio va chiaramente alla città, Genova, e al suo mecenate Florenzo Ivaldi che diede il battesimo all’esperienza e poi alla pubblicazione di Corto. Il volume, oltre a tutta una serie di preziosissimi interventi, come ogni rivista che si rispetti, presenta anche una storia inedita di Sgt. Kirk , pubblicata in Argentina (Super Misterix, maggio 1955) intitolata la Giustia di Wahtee, una piccola sorpresa che non potrà non far impazzire i collezionisti.
Cosa raccontarci d’altro di Pratt e della sua arte? Molto poco credo. Se non invitarvi ad andare a vedere questa mostra e a farvi la vostra idea personalissima e libera.
Di tempo ne avete, fino a marzo 2022.