Dopo i fuochi d’artificio del doppio appuntamento di fine annata, Samuel Stern riparte su una nota minimale, quasi introspettiva, ma che solo apparentemente somiglia ad un passo indietro.
L’angelo del focolare, al contrario, rappresenta un piacevole esperimento che espande, e non di poco, il mondo del barbuto eroe. Tanto per cominciare ci permette di andare più a fondo su Penny, comprimaria che sin dal principio fa compagnia al nostro ma di cui, salvo un excursus nel secondo speciale, non sapevamo praticamente nulla. Penny al contrario è un personaggio molto interessante, dotato di molte sfaccettature da cui emerge, sovra ogni cosa, un grande cuore che la porta, a volte, ad infilarsi in situazioni complesse e più grandi di lei.
Proprio in questo episodio ci viene fornita una chiave di lettura a tutta questa disponibilità. Un trauma legato alla sua adolescenza mette luce sulla sua relazione col fratello e sul perché sia così protettiva. In queste pagine incontra Abby e Ellie due sorelle lasciate sole dalla vita e precipitate in un mare di guai.
C’è una canzone di Springsteen che definisce alla perfezione che succede. C’è un’oscurità in questa casa che si è presa il meglio di noi, canta in Indipendence day. E non siamo tanto lontani, perché l’incubo, morboso, di questo episodio è proprio quel legame famigliare che se tenuto troppo stretto diventa un cappio mortale. Così Abby ed Ellie ognuna per ragioni differenti e con legami complessi si ritrovano ad essere vittime di una situazione che potrebbe spezzarle. Antonella Liverano Moscoviti è bravissima nel tratteggiare la psicologia femminile. Se Ellie è un personaggio definito dalla sua condizione (non entro troppo nel dettaglio per non rischiare anticipazioni), è proprio Abigail ad essere quella più tridimensionale. Il suo personaggio, nel duplice ruolo di figlia e moglie, sprofonda in una spirale di sopportazione e sfinimento.
So già che vi starete chiedendo se quello è il punto di rottura che genererà il demone del mese. Ma, in questo caso, prendereste un abbaglio molto molto grande. La scelta narrativa è differente ed è una strategia editoriale assennata. La mia percezione è che Samuel ormai è parte di un mondo molto più ampio dove, anche grazie all’Agenzia, le cose strane ed inspiegabili che avvengono coprono molti più frangenti di quanto ne abbiamo visitati sin ora.
Così la casa che ospita le due sorelle in realtà custodisce un segreto ancora più oscuro. Penny, come in ogni ghost story che si rispetti, ne viene assorbita lentamente ed il suo umore e le sue energie vengono lentamente disperse sino a renderla una sorta di guscio vuoto. Anche in questo caso, bella la scelta di editing di mantenere per la serie un approfondimento dettagliato sulla psiche e la disperazione.
Le matite di Lisa Salsi ci regalano un tratto pulito e dettagliato che, anche se vagamente ispirato dalla tradizione manga, cresce ad ogni tavola mostrando un Samuel dall’aspetto forse più eroico e meno abbattuto del solito. Ma del resto non possiamo non considerare che arriva da una raggiunta consapevolezza molto stabile e rassicurante.
Ad essere puntigliosi, più che di Samuel, questa è una storia raccontata quasi interamente con il punto di vista di Penny. Samuel funziona da deus ex machina raggiungendo una risoluzione che solo lui è in grado di fornire. Ma l’empatia, e direi, anche la sua intelligenza emotiva fanno tutto il resto, lasciando auspicare, peraltro, maggiore presenza negli episodi successivi.
La forza di un personaggio si misura anche dai comprimari e, alla coraggiosa scelta di rinunciare ad una spalla comica, si aggiunge oggi anche la decisione di render Penny un personaggio adulto e credibile, dotato di caratteristiche umane uniche assolutamente complementari a quelle del nostro barbuto e burbero eroe.