Tra pochissimi giorni sarà disponibile nelle fumetterie e nelle librerie di varia un progetto che ha parecchia, e giustificata, ambizione. Si tratta di un ritorno ad una tradizione che troppo a lungo è stata lasciata in un angolo : la rivista di fumetti.
È vero, molti potranno dire che Linus lo si trova ancora oggi in tutte le edicole, e lo sappiamo. Ma se andiamo in un ambito molto più specifico, come quello del genere horror, avere una serie antologica che numero per numero declina il terrore in tutte le sue varianti, beh questo è un unicum da sottolineare e per bene.
Il concetto che anima Leviathan in questo caso è proprio quello di andare a pescare nell’orrore pure. Non a caso viene scelto Giallo come nome del progetto. Giallo è il colore della paura, è il genere dei film di Lucio Fulci. Rappresenta quell’inquietudine intrinseca che delineava alla perfezione un genere che da noi si è lasciato lentamente estinguere mentre, tanto per cambiare, all’estero viene studiato ed omaggiato. Costantemente.
Giallo vuole rinvigorire quella tradizione, ma pescando non solo nell’orrore pure, ma anche nel genere weird, che sempre più diventa preponderante e soprattutto omaggiando il folclore italiano che, oggi come mai, sembra essere un serbatoio di storie che non aspettano altro che di essere raccontate.
Se pensate al maestro del brivido in persona, Stephen King, nel suo saggio sulla scrittura, raccomanda di valorizzare le cose che si conoscono, scavando tra le radici degli alberi che abbiamo sul retro di casa nostra. Ed il nostro folclore è un ricettacolo importantissimo da cui poter ricavare brividi e suggestioni. Se ne parla con Barbara Baraldi proprio all’interno del numero. Barbara è una scrittrice estremamente attenta a quello che succede nella realtà che abita. Ed io ho avuto modo di intervistarla più volte facendomi raccontare cosa prova scrivendo Dylan Dog o la sua Aurora Scalviati.
L’essenza del genere rivista integra alle storie di matrice antologica anche un apparato redazionale in grado di approfondire i temi trattati, recensire di simili e trovare spunti per raccontare altre storie. In questo il progetto di Leviathan è estremamente chiaro : fornire un volume che possa essere letto a più livelli e con più intenti. In genere, intrattenere e rabbrividire, ovvio.
Parliamo delle storie. La scelta di materiale antologico, con storie che potranno essere sulle dieci/quindici pagine, autoconclusive o in due tre parti, permette di sperimentare, spingere sull’acceleratore andando a scovare temi scomodi e trovare un modo per scardinarli.
Io che la frequento molto da vicino, posso confermarvi, che il ruolo di Leviathan Labs nell’ambito dell’editoria italiana è molto importante. La nicchia che si sono ricavati, e che è costantemente in espansione, si coniuga tra il fumetto popolare, di matrice Bonelli, e le graphic novel che oramai sono diventate estremamente diffuse. Raccontare l’orrore in questo contesto permette di essere intellegibili a più livelli, partendo dal più viscerale, fino a trovare strade più complesse e cerebrali.
Inoltre, per una casa editrice così giovane, poter sperimentare su storie brevi è quello che permette di crearsi un vivaio di autori che cresceranno in seno alla casa editrice diventandone potenzialmente i futuri alfieri. In fondo, il senso delle riviste, è sempre stato quello. Dare spazio e spaziare.
Il menù di questo numero è già molto appetitoso. Si parte con una storia di Massimo Rosi, che va ad incrociare lo scenario inusitato della guerra di trincea della prima guerra mondiale con un concetto folcloristico antichissimo come quello della caccia selvaggia.
Ma non crediate che ci si fermi solo là, il menù è estremamente vario e copre molte suggestioni, dal folclore più antico alle case infestate. La periodicità di Giallo sarà per ora trimestrale, ma c’è da augurarsi che cresca, come è cresciuto il numero di pagine già in fase di progettazione, fino a diventare un esperimento regolare, pronto a terrorizzarci con la massima regolarità possibile.