Doveva essere primavera quando uscirono i due numeri originali di TWD contenuti in questo nuovo albo a colori. Kirkman ci dà dentro come neanche un vecchio quarantacinque giri di Barry White e, quasi magicamente, il settanta per cento di questo numero, it’s all about sex.
È il caso di Maggie e Glenn che, anatomie non completamente corrette a parte, passano dal sesso a fare l’amore. La loro storia sarà per antonomasia LA storia di the walking dead ed in questo albo si fa più seria. Anzi, il contatto smette di farsi ferale e porta alla condivisione di se stessi. Loro crescono e smettono di cercarsi soltanto perché sono i soli due coetanei non consanguinei. In più, Glenn rasato a zero fa davvero impressione. Abbastanza focalizzato il loro particolare il momento di chiacchiere in intimità, inclusi i complessi del ‘piccolo’ Glenn…
Il triangolo Michonne-Tyreese-Carol tocca vertici di intensità altissimi. Parliamoci chiari, ognuno di loro tre ha qualcosa che non funziona a livello psichico. Tyreese, che forse è il più registrato, ha appena assistito al suicidio di sua figlia ed al suo ritorno. E sembra in piena negazione. Carol, è la vittima designata, vessata, con problemi di autostima. E poi c’è Michonne, che se ne andava in giro con due congiunti zombificati e, almeno nei piani originali di Kirkman parecchio compromessa dalla questione. Al punto che Andrea la becca a parlare da sola e non la prende benissimo. Peccato che abbiano voluto man mano rendere il personaggio più convenzionale. Per quanto possa essere convenzionale una donna in dreadlock che ha imparato ad uccidere zombie con una katana, ovvio.
Comunque, il triangolo è estremamente piccante e la tensione dei numeri precedenti sfocia in modo impetuoso con Michonne che fa un avance decisamente spinta. Anzi, la bravura di Kirkman è proprio sul differenziare le due contendenti sul piano delle prestazioni. Michonne è di sicuro molto più disinibita rispetto alla castigata Carol ed in un mondo così ristretto, fa tutta la differenza del mondo.
C’è una scena, al culmine di questa situazione, che vede Carol cercare disperatamente, spingendosi quai al limite dell’umiliazione, di non perdere terreno. Il risultato è misero, e la frase finale non lascia spazio a dubbi. Stanotte stringimi forte, e domani fa i bagagli.
Ed il nostro Rick Grimes cosa fa in tutto questo? Rick in questo quasi ritorna al su ruolo di buon vicino. Consola Carol, come può. Propone a Lori di andare a parlarci e quando succede, assistiamo al collasso dell’apparente calma che pervade la prigione. Lei prova a tagliarsi le vene e Rick non riesce a pensare a nulla di meglio se non correre da Tyreese che si fa beccare con Michonne. Quasi un teen drama, ma poi Rick sfodera tutto il suo fascino emo : siamo circondati da persone che non aspettano altro che una ragione per tagliarsi le vene. Prove tecniche del famoso discorso sui morti che camminano. Ma che procura a Kirkman il cliffhanger finale, un sonoro cazzotto tra i denti.
Ma forse nel primo c’è il momento più eclatante. Carl e Sophia che si fermano a guardare gli zombie schiacciati contro la rete di protezione. Il mondo è alla rovina, e loro si fermano a vederne i nuovi inquilini. Che hanno smesso di fare paura. Per cominciare solo a fare, tristezza.
Infine partiamo dalla scena iniziale. Il lamentoso Allen, morso al polpaccio sta per trapassare quando Rick ha un’idea degna di un z-movie. Tagliare il polpaccio prima che l’infezione corra per tutto il corpo e bruci il povero Allen. Loro sanno bene di essere tutti infetti, lo sanno dal ritorno della figlia di Tyreese, però hanno ben chiaro che il morso uccide. Shock anafilattico? Infezione? In fin dei conti è pur sempre il contatto con una cosa morta, eppure sembra accelerare il vettore dell’infezione. Sempre che di infezione si tratti. Perché la cosa più inquietante è che nessuno si è mai preoccupato di spiegare a fondo la meccanica di una infezione zombie, e quindi ci tocca per forza provare a trovare una logica che, magari, non c’è.
In definitiva Rick si mostra al solito drogato del suo solito delirio di onnipotenza. Il solo che non sembra avvertire il richiamo del sesso. Del resto, come diceva Freud, quando parliamo di tutto, parliamo di sesso. È solo quando parliamo di sesso che parliamo di potere.