Potrei prendere un abbaglio, ma la dimensione legata al canone delle graphic novel sta assumendo sempre, e sempre di più intimamente, la dimensione del racconto introspettivo, personale. Un po’ come accade col superlativo Paco Roca de La Casa, Edo Brenes utilizza questo mezzo per creare una sorta di documentario sulle sue remote origini.
Il suo racconto trae spunto da un viaggio nella natia Costa Rica per andare a scavare in profondità i rapporti tra i suoi famigliari generazioni prima della sua nascita. È un topos che, dopo due anni di pandemia, sembra aver messo radici ben solide. Riscoprirsi, rallentare (downshifting come dicono i manuali motivazionali), concentrarsi sul da dove arriviamo anziché proiettarsi sempre più avanti nel futuro.
Il pretesto che mette in moto la storia è una serie di fotografie, conservate a casa degli anziani del posto. La casa della madre è un passaggio obbligato, c’è la foto di suo nonno e suo fratello, Virgilio e Osvaldo. Come tutti i fratelli, diversissimi tra loro. Osvaldo calmo e posato, riflessivo, responsabile. Virgilio, secondo figlio, più agitato, estroverso, socievole e rompiscatole. Assieme a loro c’è Rosario. Coetanea di Osvaldo e futura moglie di Virgilio. La ragazza che ad un punto o l’altro della loro vita, è stata corteggiata da entrambi.
La costruzione di questo triangolo è alla base di tutto l’impianto narrativo. Edo racconta la storia, e ne approfitta in qualche modo per raccontare la vita degli adolescenti di settanta anni prima. Le biciclette, le partite a pallone. Tutto messo assieme attraverso vecchie fotografie tirate fuori da scatole di latta. Il mondo che ne emerge viene letto con la chiave di una nostalgia quasi positivista. Del resto c’è una forte componente sudamerica che non fatica a trasformare anche i momenti più aspri in ricordi, e come tali piacevoli. Naturalmente il rovescio della medaglia è che quando la tempesta dei sentimenti esplode, lo fa senza contenere più gli argini. E man mano che la storia prosegue, vediamo come il sentimento che strige assieme Osvaldo e Virigilio, ed entrambi a Rosario, è molto meno semplice di quello che si potrebbe essere portati a pensare.
Non voglio rovinarvi la sorpresa, ma dire che in fondo, quei due ragazzi hanno amato davvero allo stesso modo Rosario è molto più che un semplice eufemismo.
Dall’altro lato, l’impianto narrativo è sorretto da un compartimento grafico piacevole e dotato di colori lievi, ma controllati. Il character design si basa su line essenziali, quasi stilizzati e per questo perfettamente controllati. La matrice è quella della scuola americana : da Tilly Wlden a Gene Luen Yang, tratti essenziali, dinamicamente controllati proprio per lasciare spazio al fluire dei sentimenti che invece sfugge a questo perfetto illuminismo, per proliferare in uno sturm und drang che ci dice molto ma non ci dice tutto.
Questo Cartoline da Limon è un prodotto complesso, solo apparentemente leggero e stupendamente confezionato. Bao Publishing fa un grandissimo lavoro, preparando un volume che invoglia alla lettura attraverso un viaggio narrativo che si propone di raccontare una storia famigliare associata ad una storia di una nazione. La seconda ha una curiosa valenza storica, ma la prima, nella sua universalità, spiazza e fa venire voglia di stringere forte il volume, prima di lasciarlo andare.