Si conclude con questo episodio la tetralogia che dovrebbe portare un cambiamento al continuum dylaniato. Il concept, ideato da Claudio Lanzoni, amico e collaboratore in qualche maniera dello stesso Tiziano Sclavi è attuato nell’ultimo distico da Barbara Baraldi e Sergio Gerasi.
Ovviamente questo progetto lascia più di un punto interrogativo aperto, e non mi sarei aspettato nulla di meno. Ma riesce bene nell’intento di fondere assieme la metafora del multiverso in crisi (mediata da molti comics dell’universo DC, ma anche dagli Avengers di Hickman, se vogliamo) assieme al concetto di glitch della realtà fortemente idealizzato dalla trilogia di Matrix.
Prima di soffermarmi sulla valutazione concettuale di questa operazione, va sottolineato che i disegni di Gerasi forniscono una base solida in cui ambientare questa narrazione che, in modo molto sottile riesce ad introdurre una vena nostalgica nei confronti di alcuni personaggi che, se pur di recente creazione, sono stati capaci di conquistarsi l’affetto di una parte del fandom.
Probabilmente non sapremo mai cosa è davvero successo alla sorella della giovane Rania. O forse lo leggeremo soltanto in una storia pubblicata in una versione differente del vecchio Old Boy.
Allo stesso tempo l’intreccio intessuto dalla Baraldi si muove su una inquietudine elettrica che in ceti momenti si tramuta in un vero e proprio lirismo. Tutta la scena dedicata a Rania, strazia, ed è qua che si vede veramente l’impatto creativo di Barbara.
Poi rimane il concetto di base. Un voler far piazza pulita di tanti personaggi che , appunto, avevano indirizzato il nostro Old Boy in un canone modernizzato. Bloch tornerà ad essere soltanto Bloch e del resto del corpo di polizia si Scotland Yard probabilmente non sapremo un bel nulla.
Resta la perplessità nell’averli visti cambiare nel corso del ciclo della meteora, e dopo il reboot, vederli persi di nuovo in un continuum multiversale.
Affrontiamo immediatamente l’elefante nella stanza : modificare la continuity in questa maniera non è mai un segnale positivo. Si percepisce l’insicurezza, probabilmente delle vendite, o forse si ammette di aver voluto affrettare troppo il passo nel trasmutare il personaggio in qualcosa in cui, evidentemente, non poteva ancora divenire.
Cosa resterà del Dylan col telefono? Probabilmente poco, una eco lontana, un rimando ad un multiverso perduto.
Mi resta la preoccupazione ed il dubbio nel vedere questa trasformazione essere così tanto fugace quanto fondamentalmente inaspettata. In fin dei conti è stato annunciato tutto nel corso della conferenza stampa di Lucca Comics 22 quando il primo numero del gran cambiamento era già in stampa. Mi ricorda in un certo qual modo la vicenda legata al ciclo finale di the Walking Dead di Kirkman.
Senza nulla voler togliere alla capacità di saper fare marcia indietro, resto comunque interessato a capire quali saranno i prossimi passi. Se ritroveremo un Dylan meno nevrotico e frustrato dalla modernità, e concentrato invece in un perenne zeitgeist di angoscia ed ansia. Quella Londra di fine anni ’80 dove l’edonismo si stava rapidamente trasformando in nichilismo. E a noi che ci crescevamo in mezzo non restava che annuire passivamente con le iridi bloccate a fissare quel colossale mostro in cui l’umanità si stava trasformando.
Lirismo a parte sarà forse la fine del meta fumetto ed il ritorno di un semplice lancio di rivoltella.
Dai Groucho, lanciala!