Nel momento storico in cui le tavole di Rosso Stenton vengono pubblicate per la prima volta in Italia sulle pagine de l’Eternauta, il fumetto su rivista in Italia sta vivendo le ultime scintille di un sogno. Dal 1987, anno di pubbicazione dell’ultima delle quattro storie che lo vedono protagonista, a poco, solamente Corto Maltese e Linus rimarranno in edicola. Poi solo Linus.
Altri approdi si stanno preparando per la nona arte. Il ritorno dei comics americani, l’arrivo della grande tsunami dei manga.
Ma questo Attilio Micheluzzi, un passato da pubblicista alle spalle, non lo sa. E sforna uno dei personaggi più affascinanti, beffardi, impertinenti e con la faccia da schiaffi che ci capiterà di conoscere. In un ideale pantheon fumettistico Rosso, starebbe appena dietro a Corto e Jerry Drake.
Eppure c’è qualcosa di sottilmente differente nelle sue tavole. Tralasciamo per un momento l’aspetto grafico – ci torneremo tra poco – Rosso è figlio del suo tempo. Marinaio USA di stanza in estremo oriente cinque minuti prima dell’inizio del secondo conflitto mondiale, Stenton cerca i guai, o forse sono i guai che cercano lui. Il risultato non cambia perché alla fine ci troviamo davanti un personaggio che si muove in perenne agitazione sulla linea che separa il lecito dal mica tanto lecito.
E mentre la fortuna che aiuta gli audaci lo fa schierare sempre dalla parte giusta, in realtà il suo è un processo quasi casuale dove le sue azioni sono praticamente sempre dettate da istinti bassi e pulsanti. Al contrario di Jerry Drake, fare la cosa giusta è parte del suo campionario di azioni, senza ombra di dubbio, ma forse manca un po’ di spirito di sacrificio. Come Corto, a volte spacca la quarta parete, ma non attraverso un segno grafico, bensì battibeccando con la voce narrante. Che a volte rappresenta la sua coscienza, a volte è la voce dello stesso Micheluzzi. Scritto nell’epoca di massimo edonismo degli anni ’80, il personaggio sembra nato per essere uno spot di pellicce o profumi. Esasperazione dell’uomo che non deve chiedere mai, Rosso finisce in un mare di guai di cui egli stesso è l’origine, e per sua stessa ammissione.
La sua spesso è sfacciataggine, altre volte è semplice bisogno di ricordare a se stesso che limiti può superare. La stessa ambientazione, pur trasmettendo una forte storicità, non trasmette la profondità del periodo. Stenton, come Indiana Jones, vive le sue avventure al limite dello stereotipo.
Graficamente però le pagine sono impeccabili. Qualsiasi azione avvenga nello spazio bianco, Micheluzzi trasmette la certezza di un controllo perfetto dei movimenti e delle pose. Quasi come se fosse un epigono dei selfie, Rosso non è mai fuori fuoco o preso di sorpresa. Ogni movimento è una posa, ogni posa è precisa e senza il minimo accenno di sbavature. Seguire queste tavole anche dopo trent’anni è un piacere per gli occhi. Pulite, quasi cugine della linea chiara e della bee-dee in generale, le pagine trasudano un’eleganza che non può che essere legata a doppio filo agli anni ’80.
NPE st facendo un eccellente lavoro nel riportare tutti i lavori di Micheluzzi in una serie di volumi cartonati di grande formato. Dove le pagine delle riviste ingialliscono e si perdono oramai nella notte dei tempi, una nuova versione, ripulita, viene presentata per chi era troppo giovane anagraficamente o poco interessata a questa tipologia di fumetto che poteva funzionare necessariamente in un solo tipo di formato.