È con insolito piacere che mi sono dedicato a questo nuovo, sin troppo rimandato, volume dedicato ai Cani Sciolti di Gianfranco Manfredi. Chi segue questa rubrica sa benissimo quanto io abbia apprezzato gli episodi pubblicati in formato mensile da edicola, tra i primi esperimenti del progetto Audace.
Purtroppo si trattò di un esperimento non andato a buon fine e che lasciò la seria tronca ed i fan scontenti. Per chi non lo sapesse, Cani Sciolti racconta la storia di sei amici in un arco narrativo che si dipana tra le rivolte studenesche a Milano e la seconda metà degli anni ’80. Neanche a fara apposta, i personaggi sono dei perfetti archetipi che si evolvono mostrando con, a volte, punti di vista assai differenti, come la vita sociale in Italia, e a Milano per la precisione, si sia evoluta nel corso delle due decadi.
La struttura narrativa è quella ormai resa canonica da Lost con salti temporali in avanti ed indietro che raccontano la storia in modo non lineare e che lasciano spazio a tutti gli innesti successivi possibili. Non è un caso che nei primi due episodi, di fatto, veniva raccontato l’inizio e la fine della storia.
Ogni episodio, e questo volume non è da meno, veniva accompagnato dalle note editoriali dello stesso Manfredi che ne approfittava per raccontare il costume degli italiani al tempo del capitolo raccontato. E credetemi, non è una esagerazione, in certi passaggi queste informazioni avevano pù valenza d un qualsiasi libro di storia del costume.
Nel volume appena pubblicato viene raccontata l’evoluzione del sistema famiglia. Di come la struttura piccolo e medio borghese si andava trasformando, portando all’evoluzione dei modelli canonici in qualcosa che, forse, non è ancora giunto ad un punto stabile. Fatto sta che tutto quello che veniva definito famiglia tradizionale, con tanto di pater familias nel ruolo di decisore, si è andato lentamente estinguendo.
Così da una parte assistiamo al giovane Mino farsi strada nel mondo della canzonetta, ed intanto scopre la verità sulla relazione tra suo padre e sua madre. Nella seconda storia, si ritorna in un contesto più provinciale mentre la famiglia tradizionale si scontra con la Milano degli attentati e dell’amore libero.
La capacità narrativa di Manfredi è proprio quella di approfondire la psicologia dei personaggi mentre, nel frattempo la storia principale si dipana su un percorso che accompagna narrativa e costume.
I disegni di Gerasi sono superlativi. Sergio è bravissimo nel raccontare la sua Milano, dalla descrizione degli stabili, fino ad i vestiti e le espressioni. Tutto si intreccia in un sapiente storytelling dove la regia gestisce alla perfezione il ritmo narrativo.
A questo punto c’è solo da sperare che questo nuovo volume sia il primo di una nuova era. Gli episodi mancanti erano otto e si spera che in questo nuovo formato possano vivere una seconda vita ed arrivare appunto a completare la storia principale e, chissà, magari espandere il tutto con episodi completamente nuovi.