Quello che ho sempre pensato, si sta concretizzando ad una velocità impressionante. Qualcosa di grosso è all’orizzonte e molto prima di quanto si possa immaginare vedrà la luce. Ragione per cui questo episodio, che sembra solo apparentemente interlocutorio, in realtà pone le basi per quello che deve venire.
A fare da apripista sono proprio le parole di Angus, dattiloscritte nell’introduzione. Ci raccontano del viaggiare predisposti ad accettare una prospettiva differente, altrimenti, specificano, non si viaggerebbe affatto.
Ed è qui che la storia si prova su un Duncan afflitto, nel suo belligerante e burbero modo. Spinto agli estremi dalla consapevolezza di essere coinvolto in un esercito ecclesiastico senza avere la piena convinzione di quanto quella possa essere la strada giusta. Samuel, dal canto suo, si trova in una situazione del tutto analoga. Le possessioni, ed i loro strascichi, aumentano, e lui di dubbi ne ha da Abisko se non da prima.
A complicare e rendere interessante la vicenda, troviamo Rafiki. Anche se è la prima volta in cui sentiamo questo nome, il personaggio (seppure per poche vignette) è già comparso anni fa. Rafiki è infatti il primo ragazzino posseduto che Duncan ha liberato durante un viaggio in Africa. Viaggio particolare, forse proprio lo stesso di cui Angus si riferisce.
Ma il confronto dei tre, sebbene estremamente amichevole, serve ad innestare qualche dubbio non da poco. Un’idea che emerge, e qui di sicuro c’è lo zampino di Filadoro (che assieme a Savegnago dirige le fila in questo episodio), porta Samuel a pensare che sia la presenza dell’esorcista a far emergere quella frazione d’anima posseduta e che sarebbe comunque già presente nell’uomo.
Tanto pasta a fargli piovere il cielo in testa e portarlo a confessarsi con Angus. Il quale sbraita, si infuria, perde letteralmente la pazienza lasciando intendere di aver fatto qualcosa per preservarlo. Qualcosa di cui, però, ancora non si parla. Ancora misteri.
Nel mentre ritorniamo a quel flashabck africano. E se ne legge abbastanza da portare ad una convinzione adamantina : del passato di Duncan bisogna necessariamente leggere di più. Compaiono di nuovo i tempi tormentati dell’IRA. Ma è chiaro che non è quello il punto interessante su cui si regge la storia.
Tutto ruota attorno a Rafiki, ed alla concezione panteistica della sua tribù. Alcuni elementi si mescolano ad un voodoo primordiale, ma tutto si concentra all’interno della lotta spirituale di Duncan. Su quella misura di volontà che in fondo rappresenta da sempre un esorcismo.
Graficamente la storia è riuscitissima grazie alle matite di Annapaola Martello, che fanno un ulteriore salto verso la maturità. Presentandosi in giochi espressivi particolarmente resi con un livello di dettaglio pazzesco e che, seppure debitore ancora dello stile manga (molti i retini usati), cresce mano a mano presentando delle variabili sul tema assolutamente deliziose. La resa di Samuel, più longilineo e gagliardo è un po’ lontana da quella che solitamente lo riprende più goffo ed ingobbito dai problemi. Ma è anche vero che il Samuel di cui stiamo leggendo, ha recuperato i rapporti con la figlia e, malgrado tutta l’oscurità in arrivo, vede comunque un bagliore di speranza.
Ora che sempre più pedine sono in campo, mi chiedo quando arriverà questo evento finale e se finirà davvero per essere la fine di tutto, o l’inizio di qualcosa più grande e passionale.