Proprio a cavallo tra l’uscita del primo e del secondo episodio di questa storia, ne è stata annunciata l’uscita in volume. Data la rivoluzione grafica inscenata da Roi con pagine divise in tre settori equivalenti, capaci di raccontarne movimento e narrazione, non si poteva fare altrimenti.
Anche in questo secondo episodio, dove la meraviglia della sorpresa è, per forza, smorzata, l’impatto risulta ancora più sorprendente. Forse perché, mantenendo il gioco del ribaltamento del punto di vista, non siamo più sul pianeta Terra, ma su Xenon, il pianeta dove la bellissima creatura divoratrice di energia vitale e sensazioni vive.
Se ricordate dall’episodio precedente (ve ne parlo qui, se no), Dylan viene coinvolto in un giro di sparizioni. Al centro di tutto questo si trova una bellissima donna che fonde arte e piacere sensuale, sfruttando entrambi per nutrirsi.
Dylan ne viene attratto e da lei condotto nel suo pianeta nativo. E affrontarla significa mettersi a confronto tra il dilemma più importante che ci possa toccare di affrontare : salviamo noi stessi o tutti gli altri?
La trama di Recchioni, procede in modo forse troppo lineare, lasciando scoperti due punti di vista e due citazioni abbastanza importanti.
La creatura che si ciba di sensazione ricorda da vicino quelle che vivono tra i mondi come Pennywyse ed i suoi parenti della saga della Torre Nera (ovviamente cito qui il maestro dell’Horror per eccellenza, mr Stephen King!). E la chiave di uscita della storia, una semplice parola che non posso rivelarvi per non fare spoiler eccessivi, ricorda da vicino il duello tra Morfeo ed un diavolo nei primi episodi del Sandman di Neil Gaiman. Il tutto però è rimodellato in una struttura squisitamente dylaniata che non smette di incuriosire. Anche se, forse, questa seconda parte, un po’ come per i finali di King, risulta appena più debole del modo in cui ci si arriva.
Il secondo aspetto, invece è metafumettistico, ma allo stesso tempo tocca alcune corde che non è possibile non commuovano. Recchioni approfitta delle tavole finale per riattraversare assieme al suo pupillo alcune delle fasi salienti della sua storia narrativa. Toccando alcuni degli episodi più importanti della sua vita passata (e inevitabilmente con registro Sclaviano). Non è solo un giro turistico. Credo con tutto me stesso che sia un pacato ma sentito arrivederci all’inquilino di Craven Road, dopo dieci anni di gestione.
E se di polemiche ne sono state fatte in abbondanza (pur essendo importante che se ne parli!), non è questo il momento. Perché un arrivederci, così commosso e sentito va solamente contemplato.
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