In questo sesto volume del Pianeta di morti si ribaltano completamente le prospettive. Undead è un piccolo centro apparentemente disabitato, ma, in realtà è abitato da quello che potrebbe essere il gradino successivo nell’evoluzione umana.
Per chi non conoscesse questa serie (trovate una retrospettiva qui), il pianeta dei morti è una delle iterazioni più squisitamente weird del nostro indagatore dell’incubo preferito. Deus ex machina di questo universo è un Alessandro Bilotta tremendamente ispirato. Che getta le basi per un ‘old man Dylan’ decidendo di raccontare il crepuscolo della sua parabola. Sin dal primo episodio, i morti viventi hanno rappresentato una significativa nemesi del nostro. E se date retta alla poetica del rinomato George Romero, lo zombie rappresenta il mostro perfetto per indagare sulla nostra società.
Quel muoversi meccanicamente, in massa, perseguitato da una fame bulimica, lo rende la maschera calzante di questo nuovo millennio. E Bilotta è un perfetto interprete delle nevrosi del nostro tempo.
Arrivato al sesto episodio della serie (probabilmente non era noto all’epoca che si sarebbe arrestato tutto con l’ottavo episodio), Bilotta sente di alzare l’asticella creativa del pianeta dei morti. E nella cittadina di Undead troviamo l’evoluzione in due semplici step.
Da una parte i non morti veri, che tornano ad evolversi, riguadagnando l’uso della parola. Recuperata almeno parte delle loro facoltà si producono in una emulazione sterile della vita di tutti i giorni. Cresci, produci, consuma e (ri)muori. Ogni tanto qualcuno di loro si allontana, per finire in un bosco senza ritorno, dove anime candide accolgono gli sprovveduti vaganti, suggerendoci l’esistenza di un Altro piano universale.
Dall’altra gli uomini, quelli veri. Disperati in un mondo allo stremo. Si addensano sull’ultima pagina della vita tentando un disperato tentativo di restare, non solo vivi, ma perfino immortali. Non vi svelo chi si muove dietro quest’ultimo gruppo, perché la sorpresa potrebbe essere urticante. Ma il colpo di scena è straziante.
Quasi come lo stato esistenziale di tutti gli abitanti di Undead.
Inutile dirlo, il nostro Dylan, tra uomini e mostri, saprà benissimo quale parte scegliere. E, malgrado alcuni momenti sociologicamente intensi, la storia assume una leggibilità strepitosa.
Contribuisce moltissimo il tratto di Paolo Bacilieri, che regala una squisita vibrazione weird. Il suo tratto è leggermente atipico per una storia dell’inquilino di Craven Road, ma assume una connotazione ben marcata e definita. La citazione della EC Comics è dietro l’angolo, e l’effetto vintage, con una lieve derivazione underground, è un piacevole divertissement assolutamente godibile.
Anche se lo spazio nella mia libreria vacilla, non ho potuto non prendere in considerazione questo volume da aggiungere alla saga di Dylan. Si tratta di una storia ben pensata e realizzata con una passione cerebrale per determinate vibrazioni horror. Che alla fine ti lasciano a pensare su che razza di potenziale avesse avuto la parabola del pianeta dei morti.