L’episodio che taglia il traguardo delle cinquanta uscite, rappresenta una eccezione sublime alle avventure di Samuel. Il cavallo bianco sfiora la metafora apocalittica, ,a questa storia, ha la meravigliosa capacità di essere godibile anche letta sé stante.
A dire la verità, si tratta però di una uscita che mette tristezza. Poche ore prima della sua pubblicazione, Massimiliano Filadoro ha annunciato sui suoi social l’abbandono delle avventure del barbuto edimburghese. Questo non significa la chiusura della serie, ha tenuto a precisare. E neppure la fine delle avventure in pubblicazione con la sua firma. Solo, non ce ne saranno di nuove.
E con questo spirito, affrontare l’avventura in solitario dedicata ad Angus è ancora più opprimente. Ormai è chiaro che in questo ciclo (ve ne parlo qui) ognuno dei personaggi comprimari di Samuel avrà uno spazio in solitaria, per approfondirne motivazioni ed atteggiamenti.
Di Angus, il cavallo bianco, già sapevamo che non tutto era chiaro. Sia nelle raccolte del Derryleng, che negli episodi precedenti di questa saga, era emersa la sua capacità di essere un demiurgo. Di lui, si dice che abbia preparato un passato fittizio gonfio di ricordi fittizi, per rendere la vita di Samuel più accettabile.
Qui, facciamo un ulteriore passo avanti. Angus inizia un’analisi introspettiva della sua stessa esistenza, mosso dal dubbio e dalla necessità di comprendere come poter aiutare meglio l’amico.
Prima di procedere, è necessario però omaggiare le matite, strepitose di Gianpiero Wallnofer. La sua capacità di rendere corpi e ambienti, solidi e levigati come marionette, permette di infondere nuova linfa in questi personaggi. La resa è quasi da graphic novel. La storia, densa di tinte Kafkiane, ben si avvale di un impianto grafico in grado di sorreggere l’autoanalisi che Angus si inferte.
Il rapporto tra verità e menzogna, tra verità ed idee è talmente intimo che intrinsecamente le due sembrano facce della stessa moneta. Ma Angus cerca di più, si spinge fino a sfiorare Legione pur di capire il suo ruolo in questo dramma.
Se dovessi fare un parallelismo bislacco, tenderei a considerare il suo ruolo paragonabile a quello di Asuka Ryo nel Devilman di Go Nagai.
Angus è un archetipo interessante del vecchio saggio che si presenta alla narrazione. La sua onniscienza non è per nulla consapevole e spesse volte il suo operato può essere assalito da dubbi e contraddizioni. In questo episodio però, ogni spaccatura si risana. Savegnago e Filadoro compiono un piccolo miracolo raccontandoci una storia con profondità letterarie inaspettate.
Il comparto grafico è maestoso, imponente come necessita un registro di questo calibro, e la piacevolezza nell’affondare i denti in questo capito della saga è pari a quella di nutrirsi dei primissimi flussi di coscienza letterari.
Come dicevo, rimane la tristezza per la futura assenza di Filadoro, dei tre il più esoterico. Questa assenza forse fa presagire un cambio di rotta verso lidi più spinti in altre direzioni di cui, però al momento, non è facile intuire le traiettorie.