Nemici del popolo è un romanzo grafico su più livelli. Emiliano Pagani e Vincenzo Bizzarri riescono a tessere una tela narrativa incredibilmente ampia e terribilmente vera. E nel farlo, indagano sulla Vita di tutti noi.
Tunué come casa editrice è una certezza. Vene ne parlo da anni (leggete qui, per credermi= e difficilmente rimango deluso. La capacità dei loro editor è proprio quella di saper scegliere temi importanti, attuali, in grado di essere universali e diretti. Raccontando sempre grandi storie.
Succede in questo nuovo volume, Nemici del Popolo. Già il titolo è tutto un programma, anche se non è per nulla come sembra. Ci troviamo di fronte ad una dicotomia padre e figlio, con tutto il sottotesto da tragedia greca.
Annibale e Fabio sono due operai di una azienda metalmeccanica che si appresta a chiudere la propria filiale in Italia. Il perché, lo sappiamo benissimo, l’abbiamo letto decine di volte nei titoli di giornale. Al punto da capirlo endemicamente, ma dik non renderci conto, forse, che dietro quei numeri, quegli esuberi, ci sono persone vere la cui vita sta per cambiare forse per sempre.
Annibale è un uomo della vecchia guardia. Sinistra operaia, valori sociali, forse un po’ da vecchio trombone, ma sostanzialmente convinto che ci si salva solo assieme. É lui che sta guidando il picchetto per evitare che l’azienda chiuda una volta per tutte.
Fabio è suo figlio. Svogliato, incazzato nero. Si preoccupa del lavoro, certo, ma sa anche che non sarà quella tutta la sua esistenza. C’è la ragazza cui tiene, da cui aspetta un figlio e che sta con un carabiniere. C’è il centro accoglienza dove sta lei, che si occupa di immigrati. Che non vano bene ne a Fabio ne al carabiniere.
Fabio in fondo è un prodotto del suo tempo. Gli hanno fatto veder in televisione che il successo, la ricchezza sono a portata di reality show. E poi gli hanno detto ‘a te no!’ . Non è un caso che il suo senso di ribellione sia diretto dalla pancia, sia illogico, quasi immotivato.
La generazione di Fabio è la Me Generation. Come spiega lo stesso Annibale, per loro protestare significa partale di ecosostenibilità ed inclusione. Nessuno dei due capisce veramente a fondo l’altro. Ma è proprio questo l’aspetto interessante del libro. In fondo spiega proprio quello che stiamo vivendo tutti i giorni. Concentrati su noi stessi, incapaci di comprendere più il semplice e desueto concetto del bene comune.
Ad aggiungere una chiave di lettura, contribuisce una terza figura narrativa. Quella di un operaio del picchetto che tanto vorrebbe essere un fumettista. Probabilmente un alter ego dello stesso Pagani scrive di fantasy, ma attraverso il fantasy vorrebbe interpretare i nostri giorni.
La risposta dell’editor cui sottopone le tavole è uno schiaffo in faccia. Sono storie che comprerebbero gli operai, e loro non hanno nessuna intenzione di demoralizzarsi leggendo una metafora della loro vita. E comunque, sempre meglio condito con gli zombi.
Pagani riesce ad imbastire un meccanismo ad orologeria he si mette in moto sin dalle prime pagine e che arriva ad un finale che toglie il fiato. Perché è intriso del miglior neorealismo. La vita è quella cosa che succede mentre si fanno programmi, in fondo.
Da applauso le tavole di Bizzarri. Costruite su un realismo che concede qualche slancio alla caricaturalità e che riesce a farmi venire in ente il Larcenet dello Scontro Quotidiano assieme a certe cose di Gipi. La sua regie ha un taglio classico, ben armonizzando delle tavole che si leggono con chiarezza e nitida analisi.
Il lavoro fatto sul color script è scrupoloso e di grande impatto. Ogni sfumatura è al punto giusto, senza bisogno di mettere accenti retorici e non necessari.
Si tratta di un volume che emoziona e che fa riflettere. Si potrebbe opinare che in fondo ha influenza solo su chi quelle idee già le comprende e le condivide. Ma io non credo. Si tratta di una storia intrisa di un forte naturalismo, e come tale tocca tutti, nessuno incluso.
Facendo riflettere.
segui The Flywas Show su Facebook, Instagram, YouTube, Twitch e Threads