È uno strano umore quello che mi accompagna oggi che devo mettermi a scrivere di Kurt Cobain.
L’ho già fatto mille altre volte, mille altre probabilmente lo farò ancora. Perchè per quelli della mia generazione, Kurt è stata una bandiera. Quella del disagio o dell’emarginazione magari, ma pur sempre una bandiera.
In fondo essere messi in disparte e rimanere poco calcolati, per quelli come me, lontani dalle strategie di successo della scuola superiore, e pure nerd fino al midollo, (quando essere nerd non era mica un complimento) era, bè, la norma.
Non ci piacevano le cose che piacevano a tutti in tv. Non giocavamo a calcio, non eravamo atletici in generale. Avevamo una testa piena di fantasia e la consapevolezza che saremmo rimasti immortali e con tutto il tempo necessario per realizzarle tutte quante. Kurt era un po’ uno di noi. Insomma, se avete letto Time of Your Life con protagonista Death, scritta ed illustrata da Neil Gaiman e Chris Bachalo, sapete di cosa parlo. Diavolo, persino Faccia di Culo non sarebbe stato inventato da Garth Ennis, se non fosse arrivato prima Kurt.
E anche Gus Van Sant ha usato Kurt per un suo film, ve lo siete dimenticato?
Quando Kurt si è tolto la vita (se non dobbiamo dare retta a tutte le teorie del complotto), io avevo dieci anni di meno. Ero un ragazzino paffuto e con capelli improponibili. Ascoltavo già allora Springsteen e forse il risveglio atavico della rabbia dei brani di Nevermind non l’avevo ancora compreso bene.
Ci arrivai dopo.
Essere messo fuori, non era una cosa che sarebbe finita con l’adolescenza. Essere nerd, o ascoltare musica dei Nirvana, non era la causa, ma di sicuro delineava un gruppo di personalità che male si sarebbero aggregate alla massa. Non lo dico perché pensavamo di essere più fighi. Diavolo, era tutto il contrario. Però se nasci tondo, non è che puoi fingerti quadro per tutta la tua esistenza, no?
Kurt Cobain era un ragazzo fragile, con una collezione di traumi infantili e familiari non troppo da ridere. Voleva il successo, ma quando ci è arrivato, ha capito che significa compromettersi, e compromettersi è politica, è il gioco della vita.
Tutti noi abbiamo dovuto farlo ad un certo punto, piegarsi anche se ci faceva male l’orgoglio. La differenza nella parabola di Kurt è che invece lui ha preferito non farlo.
Con un gesto potentissimo di autodeterminazione ed egoismo. Perchè se decidi di farti fuori con un cannone a canne mozze in bocca, dimenticandoti tua figlia di pochi anni a casa, non sei proprio il modello di padre dell’anno. Ma la sua è una metafora, un esempio per tutta la nostra generazione.
Una generazione che, curiosamente, ha visto perdere quasi tutti i suoi epigoni per le malattie del secolo, disagio, ansia, depressione. Scott Weiland, Mark Lanegan, Layne Staley, Chris Cornell.
Insomma, ci rimane solo Ed Vedder.
Oggi che con l’intelligenza artificiale possiamo tutto, il 5 aprile, i social si sono popolati di ritratti di un Kurt cinquantasettenne, la carnagione appena più chiara, i capelli più corti, degli occhiali da presbite.
Chissà cosa avrebbe scritto Kurt, se avesse continuato, se davvero la direzione dei concerti unplugged sarebbe stata quella definitiva dei Nirvana. Chissà se avrebbe ancora avuto voglia di puzzare di Teen Spirit. Chissà.
Siamo una generazione orfana. Il mondo dopo non è stato più lo stesso, almeno quello musicale. Ci riflettevo proprio ieri.
Dopo i Nirvana, quasi immediatamente, è arrivata la generazione di Napster. E quando puoi scaricare e possedere tutto , allora finisce che non ascolti davvero niente. Ed infatti non ci sono stati più eroi musicali come lui. Decenni di fottutissima buona musica. Ma se dobbiamo pensare al suo carisma, e a quello che la Morte gli ha donato, bè è tutta un’altra storia.
Non mi dispiace essere un fan dei Nirvana. Non mi dispiace che mia figlia tredicenne metta i suoi dischi ed indossi le magliette del suo gruppo. Sarebbe stato meglio riuscire a tramandare qualcosa di più che ansia e rabbia? Probabilmnete si.
Ma mentre noi ascoltavamo le sue cose, il resto del mondo era già perso nella dance di plastica della MTV generation.
Forse allora, ci è andata ancora bene.
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