Bao Publishing si dedica al nuovo lavoro di Eleonora Caruso e Noah Schiatti consegnandoci un inedito sguardo sul Giappone più effimero e lussurioso. Graficamente ci troviamo nell’ambito del Manga Europeo.
Eleonora Caruso è una delle scrittrici più interessanti della sua generazione. Se non vi bastasse il lavoro che ha fatto col il team di Simulacri (ve ne parlo qui ) vi consiglio di dare un’occhiata ai suoi romanzi editi da Mondadori.
Temi come la sessualità fluida e la fragilità esistenziale sono elementi ricorrenti nei suoi lavori e, questo Sangue non è da meno.
Ambientato nel quartiere di Kabukicho, la vicenda ruota ad un host non più giovanissimo di nome Shun. Il quartiere di Tokyo di Kabukicho, reso celebre dalla serie di videogiochi Yakuza, è il quartiere dei locali del piacere. Si può trovare qualsiasi tipo di perversione dove tutto ha un prezzo.
Gli host, da questo punto di vista, sono forse le figure più blande. Il loro lavoro è quello di diventare amici di particolari clienti empatizzare, spingendoli ad ordinare il più possibile. Si tratta di un lavoro pesante, che non è fatto per durare tutta la vita. Il potenziale degli host si consuma abbastanza in fretta infatti. In compenso, i soldi che girano, sono davvero tanti.
Shun è un personaggio particolare. Ormai sa che il suo tempo è passato. Il sangue del titolo è quello che lui sputa ormai tutti i giorni. Colpa dell’alcol e della vita dissoluta. Eppure Shun, ragazzo per metà gaijin, non ha davvero un altro posto dove andare, per cui la sua unica scelta resta continuare ad oltranza.
Essere un gaijin, ossia uno straniero, è difficile in una cultura fortemente conservativa come quella nipponica. Spesso si riesce ad adattarsi, ma solo a prezzo di enormi sacrifici.
La famiglia nipponica di Shun, lo disprezza. Peggio ancora disprezza sua madre, la straniera. Della nonna materna conserva solo pochi ricordi, tutti affettuosi. Ma lui è preso nel mezzo, senza una apparente via di uscita.
È questa mancanza di radici che destabilizza Shun. La sua è una spirale autodistruttiva proprio dovuta alla mancanza di radici reali. La città di Tokyo sembra quasi spietata e priva di appigli, tanto è disperata la situazione di Shun.
Eppure Shun ha amici che si occupano di lui, persone che lo aspettano all’uscita del locale dove lavoro. Di mani tese ne ha molte, ma il suo convincimento di essere merce danneggiata è più forte, senza che ci sia possibilità di recupero.
In fin dei conti non puoi salvare chi non vuole essere salvato. E questo è un tema che la Caruso conosce e visita bene.
La componente grafica di Noah Schiatti è una piacevole sorpresa. Di sicuro il punto di partenza è quello del manga all’occidentale, quindi con la tendenza ad utilizzare un buon livello di scala di grigi e disegnare le anatomie in versione deformed. Ma il risultato finale è quello di somigliare molto da vicino alle contemporanee graphic novel americane (penso a Tilly Walden prima di tutto).
Il risultato finale è un racconto toccante e profondo. Il dolore di Shun è quasi tangibile ed è impossibile non empatizzare con tanta profondità. Il sangue che dà il titolo alla storia presenta una connotazione ferrea ed amara. Che dolcemente rimane in bocca…
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