Con questo nuovo speciale Alessandro Bilotta si assesta nella sua dimensione onirico esistenzialista predefinita. E Dylan Dog, alla ricerca dell’eterno doppio, si ritrova a vivere in pagine quadrimensionali.
Bilotta è uno scrittore eclettico. Il suo lavoro sugli speciali di Dylan Dog ha generato piccoli capolavori disturbanti e storie che ancora necessitano di una conclusione (parlo di entrambe qui). Ma un elemento topico che rintracciamo spesso nella sua poetica è quello dell’eterno rincorrersi di realtà e surrealismo.
Per questa storia (dove viene al momento accantonata la vicenda della famiglia Hicks) ritorna un personaggio classico, quel Crandal Reed creato da Sclavi e Stano. Crandal è un fumettista, ma sembra anche essere un nesso dello stesso multiverso in cui abita Dylan. È uno zombie, è uno scrittore scomparso, è il narratore di parte delle stesse vicende che coinvolgono Dylan stesso.
In una spirale di storie intrecciate e concentriche, Bilotta ci conduce intorno a questa storia che è marcatamente cerebrale e risplendente di una sua certa matrice pirandelliana.
In fondo è anche questa la ragione per cui amo le trame di Bilotta, per quel sentirsi sul finire appena fuori fuoco, con un senso di non conclusione che in fondo è molto zen.
E d’altra parte se dobbiamo trovare un personaggio che sia perennemente alfiere della quarta parete frantumata, almeno dai nostri lidi, solo Dylan può essere il personaggio. In questo, Dylan e Crandal sono i due opposti che si attraggono, schiavi del filo narrativo, uno in modo attivo, l’altro pronto a farcisi trascinare.
Entrambi mostri ed apparizioni dei loro rispettivi multiversi. Destinati ad incontrarsi, fugacemente, per poi ripartire.
Le tavole di questo speciale sono illustrate in modo strepitoso da Giorgio Pontrelli, che gestisce sapientemente l’equilibrio di bianchi e neri, facendo risaltare i primi attraverso un accurato e ben dosato utilizzo dei secondi.
Le scelte alla regia sono perfettamente dinamiche e leggibili. Lo spazio nella tavola è gestito con modernità dosando sfondi completi a sequenze dove risaltano al meglio le espressioni dei personaggi, che, risucchiate in un turbinio di cambi di scena, che riesce a ricordare tanto l’Orlando Furioso quando il Pratt più astratto.
Nel complesso è uno speciale quasi estremo nel suo volersi porre sulla scia di Morgana, l’episodio dove Crandal veniva appunto portato in carta (e in vita). La complessità dell’intreccio a tratti spiazza, come quelle meravigliose introduzioni agli albi di Mercurio Loi. Spiazza come una vertigine come una improvvisa mancanza d’aria.
Ci lascia intenti a voler sfogliare indietro le pagine per comprendere cosa possiamo esserci persi. Insomma, ci sprona, ci sfida, a volerne di più.
Ed è un ciclo interrogarsi su quale versione di noi voglia di più appassionare.
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