Appena pubblicato, il settimo tomo della storia dell’avventuriero Nero, ci trascina in una parte della saga, abbandonando per il momento la terra delle crociate, e spingendo il personaggio in una nuova dimensione dell’Avventura.
I fratelli Mammucari sono stati bravissimi a dare un nuovo anelito alla dimensione avventurosa incastonata in un contesto storico. Sin dalle prime volte in cui si parlava di questa saga, Matteo ed Emiliano mi hanno fatto capire che per loro era il Lavoro della vita (ve ne parlo qui e, ancora più spassosamente qui).
Lo studio con cui si sono dedicati al world building ha permesso di creare degli scenari che trasmettessero profondità sin dal primo impatto, senza trascurare anche i minimi dettagli che potessero lasciare spazio per altre storie.
Abbandonati Djinn e Assassini, che accompagnavano copiosamente il primo arco narrativo, in questo secondo secondo ciclo troviamo Nero, recisi tutti i sui legami, accompagnarsi assieme al Mercante nella lontana Samarcanda.
Gli echi della guerra con i cristiani qui sono appena percettibili e Nero ne approfitta per lavorare nella casa dorata di Samarcanda (ed il piccolo brivido di piacere che mi attraversa a vedere accumunato Nero con l’avventuriero dei fumetti italiani per eccellenza, Corto Maltese, non è per nulla da trascurare) mentre nel frattempo si dedica a recuperare artefatti per l’aristocrazia della città, costruendosi piano piano una certa reputazione.
Tutto sembra procedere per il meglio, fino a quando non gli viene richiesto di recuperare il cuore di un’Ombra. Non vi rivelerò nulla del cliffhanger finale, che pure mi ha lasciato a bocca aperta e con una curiosità non da poco.
La bravura dei fratelli Mammucari peraltro è proprio quella di riuscire a bilanciare sapientemente momenti rilassati ad altri più marcatamente adrenalinici. Di Nero, si conosce ancora poco, a parte il suo particolare senso dell’onore che, fino a questo punto, lo ha messo sempre di più in mezzo ai guai.
La bellezza di questa saga è proprio quella di mescolare sapientemente eventi storici e fantastici creando un mondo straordinariamente vivo e pulsante.
Mondo che, grazie alle matite di Federico Santagati e Giuseppe Matteoni comincia a pulsare vividamente. Dalla cura riservata alle anatomie ed alle espressioni dei personaggi, importantissime, fino ad arrivare al quantitativo di dettagli inseriti nel vestiario e nelle architetture a rendere ogni tavola un piacere per gli occhi.
Piacere che sarebbe incompleto se non si potesse ammirare tutto attraverso le tinte vivide ed energiche della tavolozza di Simona Fabrizio.
Insomma ogni singolo aspetto di questo volume apporta degli elementi che poi assieme, sono nettamente superiori alla somma dei singoli componenti.
Brava infine la Bonelli che, attraverso la linea Audace permette lo sviluppo di queste lunghissime saghe, molto simili alla BeDe Francese, dove albo dopo albo si può solo che applaudire al ritorno di questa dimensione avventurosa e dei suoi impavidi eroi.
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