L’epopea del west ci ha abituato a uomini leggendari. Satanassi capaci di centrare lo spazio in mezzo agli di un bisonte da duecento yarde e con la capacità di esprimere soltanto emozioni nette e taglienti come coltelli. Pensate al western apocrifo di Leone.
Se dobbiamo parlare di revisionismo, siamo dalle parti del Ken Parker di Berardi e Milazzo. Altri orizzonti direte voi. Può essere.
Se penso al Tex di mio padre, era l’incarnazione cartacea di John Wayne. Uno che prima spara o poi spiega. Sempre dalla parte del giusto, ma destinato a crepare d’angoscia il giorno che gli verrà un dubbio. Da qualche anno, grazie alla testata gemella, Tex Willer sentiamo una canzone intonata con qualche accordo minore. Tex, anno uno, è fallibile. Destinato a raddrizzare i torti con una stella d’argento al petto, certo, ma che non c’è ancora. La sa più del diavolo? Per forza, ma se la rischia ancora e a volte, per ingenuità, sbaglia.
Nella saga attualmente in edicola Tex ripercorre i passi che lo hanno portato ad essere un fuorilegge. Il patema e lo sfinimento lo portano a ripercorrere il rapporto con suo fratello Sam. Quelle differenze incomprensibili che a volte si formano tra fratelli, che sembrano creare mura insuperabili. Ma è sempre famiglia. E per la sua, Tex, si è preso una discreta taglia sulla testa.
Questo secondo speciale invernale della serie pensa a raccontarci il vangelo secondo Sam Willer. Ed è una storia, che, seppure conosciamo, in realtà non conosciamo affatto. Roberto Recchioni indaga a fondo nel chiaroscuro dell’animo umano e ne estrae materia purissima.
Sam vive la sua vita, cercando di fare la cosa giusta. Cerca di seguire la linea e spera che, prima o poi, l’ombra dannata di Tex vada a spostarsi da qualche altra parte. Gran brutta cosa essere riconosciuto da tutte le parti come il fratello di.
Fatica nella relazione con la vedova Harris. Lavora solo, povero del carisma del capo. Accetta a lavorare con lui John MacQuarrie, un bullo che lo tormentava e che Sam avrebbe tutte le ragioni del mondo per tenere lontano.
Uno stinco di santo insomma. Quel tipo di cose che neppure il cielo perdona.
È infatti l’avidità a portare uno stallo. Durante una cattle run MacQuarrie capirà che rubare è sempre più facile che lavorare. E a Sam verrà ricordato che non tutti nascono con la forza di uccidere.
Il problema di Sam, è che certe doti, specie in uno stato di natura, sono essenziali per tirare avanti. Oggi diremmo che a Sam manca la fame della strada, e quando chiamato ad esercitarla, la dosa male. Sostituisce l’autorevolezza con l’acredine. In un combattimento, pur di sopravvivere usa tutti i mezzi. La voglia di vivere è forte, non è uno sprovveduto, ma sappiamo bene cosa farebbe invece Tex. Sei colpi d’ordinanza piantati nel petto del poveretto che gli si para davanti e chiusa la questione.
La differenza è quello che rende questa storia ambientata nella valle del Nueces straordinaria e graffiante.
Le meccaniche di questa sceneggiatura perfetta vengono accompagnate dal tratto profondo e dettagliato di Stefano Andreucci. L’esperienza di Deadwood Dick traspare completamente. I completi dei vaqueros sono stinti, macchiati. I panorami si allungano all’orizzonte con un sapiente controllo della regia. Ed i dialoghi, fulminei sono scanditi da espressioni facciali che sono letteralmente estratte dal cuoio.
Un applauso a scena aperta per le ultime trenta pagine. Macabre, violente, scritte bene e disegnate con un gioco di ombre che pesca diretto nell’anima di chi legge.
L’unico difetto di questo speciale, è che non sentire la colonna sonora di Morricone in automatico quando lo si legge.
Applausi.