Se ne parlava poco tempo fa in live : purtroppo è sempre più difficile trovare della buona sci-fi di produzione recente e che affronti anche tematiche innovative, lontane dai soliti cliché del caso. In questo, purtroppo, le due major si mostrano molto conservative. Un po’ per capitalizzare i successi dei cinecomics, un po’ perché lo spazio di innovazione tende ad essere circoscritto, un po’, anche, perché innegabilmente in questi ultimi cinque anni il fantasy vende di più, ma, difficilmente si può trovare un alto potenziale di IO (Idee Originali per dirla col vecchio Timothy Leary – ndr).
Al contrario, esiste un sottobosco, molto ampio, dove lo spazio per questa sperimentazione c’è. Penso a TKO, AWA Upshot e Boom Comics, per esempio. Tutte case editrici che si focalizzano su brevi run spinte dove il mainstream fatica ad insinuarsi. E la cosa divertente è che spesso, gli stessi autori che lavorano a personaggi su licenza si sbizzarriscono in produzioni dal registro completamente differente. Sarà la minore pressione, o il puro senso del divertimento. Ma in certi casi le cose che emergono sono decisamente esplosive.
Pensiamo ad Al Ewing. Chiunque stia leggendo la sua run su Immortal Hulk sa di chi stiamo parlando. Se devo essere onesto, il suo è un lavoro che trovo geniale, con alcune incredibili influenze da Go Nagai, ma penso pure che sia anche una delle cose più coraggiose che in questo momento stia pubblicando la Marvel. Prendere un personaggio di quella caratura e rischiare il tutto per tutto o è figlio di una strategia, o è puro genio. Eppure, chiunque letto la sua Empyre, sa che l’aspetto più legato alla fantascienza made in Marvel è meno funzionale.
Ed è proprio con questo spirito che mi sono approcciato a questo lavoro Boom Comics portato in Italia da un’ottima Edizioni BD. la cosa che più colpisce di Li troviamo solo quando sono morti è il livello di world building, il modo in cui tutta l’ambientazione è cesellata, lasciando comunque spazio per centinaia di storie, è denso di rimandi e di riferimenti ampi.
In una costruzione che potrebbe essere solo al livello di Lee e Kirby della leggendaria run su Fantastici Quattro, Al Ewing immagina che le divinità di questo universo siano esseri giganteschi che hanno il pessimo gusto di morire abbandonati alla deriva, un po’ come capodogli spiaggiati. Ed in effetti il riferimento al Melville secondo me è più che voluto. Perché esiste una gilda di navi autoptiche che raggiunge il cadavere e ne recupera i tessuti per il governo. Tutto funziona perché le navi guardiane evitano che qualcuno possa scappare e vendere tutto di contrabbando. Immaginate già la tensione.
La storia si snoda dietro le vicende di George Malik e Paula, legati a doppio filo da decadi di storia melmosa che, attraverso un sistema di flashback abbastanza funzionali, scopriamo quando è il momento giusto di scoprirli. Gli elementi che legano una poliziotta ed un comandante di una nave sono morbosi e complessi, e Al Ewing lavora per bene perché tutto monti nel finale, che rasenta l’epico e che lascia spazio a quel qualcosa di più che avverrà nel secondo arco narrativo.
Il sistema dei flashback, abusatissimo da Tom King ma funzionale allo storytelling dai tempi di Lost, non mi fa impazzire, ma devo ammettere che in questo caso è davvero ben gestito.
I disegni di Simone di Meo, subiscono un’influenza orientaleggiante nettissima ma sono anche impreziositi da una colorazione digitale impressionante. L’effetto anime comic è dietro l’angolo ma non viene mai toccato apertamente.
La resa delle divinità in particolare, a volte molto simile al marvelliano Knowhere, ha un retrosapore da sci fi classica meraviglioso. Tutto quello che compare in queste pagine ha un pathos ricchissimo che fa venire voglia di andare avanti e scoprire cose accadrà poi.
E considerato il modo in cui l’arco narrativo si conclude, c’è davvero da rimanere meravigliati e poi basiti.