Io, per il commissario Ricciardi ho un debole. Non lo nego. In qualsiasi forma o edizioni escono le sue storie, io devo leggerle. In più, proprio perché me ne sono innamorato leggendole d’estate, fino a tarda notte (ne parlo qui proprio con il mitico DeGiovanni), ogni volta leggerle significa farlo nel cuore della notte, nel silenzio di casa, mentre tutti riposano ed io finalmente posso proiettarmi nelle strade di Napoli, magari prendermi una sfogliatella al Gambrinus e, perché no? , lamentarmi del caldo assieme a Maione.
Questa nuova raccolta di racconti non segue il filone dei romanzi del commissario, non presentando alcuna nuova storia di lungo respiro. Al contrario, ci troviamo davanti a delle riedizioni, riorganizzate in parte dallo stesso De Giovanni, di piccoli racconti presentati negli anfratti delle storie principali.
De Giovanni coadiuvato dal fenomenale editor Luca Crovi, si circonda di un gruppo di sceneggiatori tanto affiatati quando allenati a leggere la cifra stilistica dei romanzi e tradurla in fumetti. Le tre storie vedono il coinvolgimento di Claudio Falco, Paolo Terracciano e Sergio Brancato. Tre storie, dicevo, ognuna con un punto di vista differente.
La prima è una storia meravigliosa che ci racconta un momento di vita domestica di Rosa prima e di Nelide poi. Il Tratto super dettagliato ci permette di indagare con nostalgica precisione nel passato del giovane Luigi Alfredo, in quel momento in cui crescere con il suo dono era difficoltoso ed incomprensibile. Nelide, è un personaggio granitico, imperturbabile. E’ curioso come, a suo modo, ogni personaggio di noir abbia un comprimario così. Mi basta pensare al caro vecchio Jean Baptiste Adamsberg. In questa storia indaghiamo sul passaggio di consegne tra zia e nipote, su questa incredibile apparizione nella vita del commissario, che meriterebbe un approfondimento più ampio.
La seconda vede protagonista una rosa. E, Ricciardi quasi un testimone, che col suo dono, ne indovina il tragitto dalla parte all’altra di Napoli. È quasi tarantiniana, con le dovute proporzioni, questa necessità di rendere protagonista un oggetto inanimato. Ma una rosa che passa di mano in mano racconta una storia tragica in cui il dono di Ricciardi ci permette di svelare i tragici retroscena. L’invidia, forse la rabbia, portano una vecchietta ad uccidere una nuova ragazza venuta da fuori città a vendere fiori di campo di fronte al cimitero. Un delitto annunciato, senza troppe sorprese, ma il punto con Ricciardi non è mai quello. Anzi, il colpo di scena finale è angolato in maniera di trasmettere una dolce malinconia, trascinata da un vento caldo ed impietoso.
La seconda storia ci permette di indagare su un piccolo aspetto del passato di Maione padre e di Luca, figlio morto proprio nel momento in cui noi lettori veniamo a conoscenza del triste commissario. Luca lo conosciamo appena ma lo sappiamo essere dotato di un grande cuore. In questa storia viene analizzata la perplessità di una madre che non vuole vedere il figlio rischiare come il padre, e passare altre notti insonni in attesa di brutte notizie. Arriveranno, perché quello di cui si accenna, ma che non si dice, è l’avventatezza del figlio, forse un po’ troppo legata a quel suo grande cuore. Alla fine della storia i genitori si convincono che la scelta del figlio è quella giusta, ma tutto accade poche ore prima che un tragico evento non lo riporterà più a casa.
Dell’ultima storia è assoluto protagonista il dottor Modo. Non il combattivo e forse un po’ cinico viveur che siamo abituati ad incontrare nei panni di medico legale. Ma, al contrario quelle di un motivato ed innamorato giovane medio che si ritrova al fronte durante la Grande Guerra. Disperso tra i monti in mezzo a gente di cui ricorderà per sempre solo la misera fine e perdutamente innamorato, prima ed unica volta nella sua vita, di una donna. L’amarezza con cui la storia ci viene raccontata, ci offre una chiave di lettura più interessante della sua allergia ai potenti ed arroganti esponenti del fascio, che ci capita di incontrare nelle storie di Ricciardi. Ho sempre simpatizzato con la sua posizione, e sempre lo farò, ma le considerazione sul potere nelle gerarchie militari mi è stranamente familiare e comprensibile.
Daniele Bigliardo e Luigi Siniscalchi illustrano con maestria queste tre storie, presentandoci nuovi scorci della Napoli dei bassi e delle case nobiliari. Il mondo che circonda Ricciardi non smette mai a sua volta di essere personaggio di queste storie, e, in fondo, è proprio l’ambientazione, la chiave di lettura più affascinante. Lo studio dei costumi e dello stile di vita dell’epoca rende tutto più caratteristico e, i redazionali che accompagnano questi volumi sono sempre più preziosi.
Le storie di Ricciardi sono una meraviglia per occhi e mente. Avrei preferito una nuova storia del ciclo dei volumi più ampi, ma mi rendo conto che anche i tempi per realizzarle sono lunghi e serve pazienza. Questo divertissement non è per nulla inutile però, perché permette di approfondire le vite dei personaggi più cari al nostro, regalandoci piccoli momenti di vita quotidiana nella Sua città.