Il nepotismo, si sa, non è mai una gran cosa. I figli di in genere finiscono per avere appellativi non propriamente elettrizzanti. Ma, almeno un caso, una eccezione che confermi la regola, va fatto. Sto parlando della prole di Stephen King, gran maestro supremo dell’orrore di provincia, capace di rendere una regione pacifica e dedita alla pesca dell’aragosta, come l’anticamera dell’inferno. Spesso senza manco fermarsi là.
In quanto alla lungimiranza della prova, approvo già molto il fatto che il figlio, Joe Hill, abbia evitato di utilizzare il nom de plume del padre (vero, Jakob Dylan?), ma abbia lasciato che solo i più addentrati nell’universo paterno potessero riconoscerlo. Joe Hill ha scritto dei bei racconti, non è prolifico quanto il padre e forse è meno cattivo. Ma sa cosa sia il Grindhouse. Ed è per questo che dopo aver coniato una sua sottoetichetta di comics (la Hill Comics per casa DC) abbia fatto da patron per il seguito di una delle miniserie più riuscite, senza volerci a tutti i costi metterci del suo.
Se una Cesta piena di Teste, raccontava gli anni ’80 di questa piccola isoletta del New England dove un’antica ascia vichinga si portava dietro la maledizione di mantenere in vita le teste mozzate dai propri corpi. Qui con il fatidico frigorifero si rilancia, e si rilancia alla grande.
Prima di procedere, lasciatemi apprezzare un piccolo dettaglio. Nella prima storia venivano coinvolti degli evasi da un carcere di sicurezza. Ora, senza troppi romanticismi, ero felicissimo che quel carcere fosse la prigione di Shawshank. Se non altro perché l’omonima pellicola con Tim Robbins e Dio (scusatemi, Morgan Freeman) è una delle cose più belle e poetiche che amo guardare in tv. Poi si, nepotismi a parte, omaggiare l’opera del padre in questo modo, è quasi accettarne l’eredità. E chissà che una volta che il buon Stephen sia esse stesso parte delle sue leggende…
Ma torniamo al fatidico frigorifero. Rio Youers scrive questo seguito partendo dal principio base dei sequel. Va preso il meglio della prima parte e va gonfiato, pompato, espanso. Scopriamo pertanto che non esiste solo l’ascia di Yggdrasil ma ben quattro strumenti con poteri simili ed altrettanto terrificanti. Due gruppi sono alla ricerca di questo oggetto (che nel volume precedente era finito in fondo al mare) e questa volta c’è puro uno squalo gigante. No, non scherzo, e sarò uno spasso dall’inizio alla fine.
La storia prosegue introducendo un cast nuovo in aggiunta ad alcuni personaggi del precedente. Mescolare folklore celtico alla tradizione anglosassone della piccola cittadina di provincia rende tutto molto interessato e le scene ad alto tasso di globuli rossi spruzzati sono davvero parecchie, con una tendenza allo spasso ed al divertimento che non è affatto da buttare via. Tom Fowler illustra il tutto con una sapiente dose di realismo e tinte squisitamente cartoon. Un piccolo gioiello per placare le calure estive. Pazzesco per gli amanti dei sequel.
Se la prima storia era stata tradotta anche in Italia da Panini, mentre scrivo è disponibile il cartonato, come pure i sei singoli albi, solo in lingua originale. Ma se non ho letto male, è lecito pensare che le vicende di questo figlio d’arte assolutamente atipico, continueranno ad essere presentate in Italia sempre grazie allo stesso editore.
Non dimenticate il cibo per squali…