Micol e Francesca hanno appena pubblicato un interessantissimo biopic su Dolores O’Riordan (ve ne parlo qui). Ho avuto l’occasione di scambiarci quattro chiacchiere ed il risultato è stata una interessante riflessione sigli anni ’90, la musica e, naturalmente la storia dei Cranberries.
Micol
Prima domanda d’obbligo, l’immaginario musicale degli anni ’90 sembra aver avuto un notevole impatto su di te. Jeff Buckley, Dolores O’Riordan adesso. Quale è per il legame con quegli anni musicalmente precari? (domanda bonus : hai mi pensato di affrontare l’icona, per definizione, di quegli anni, Kurt Cobain?)
Gli anni Novanta sono la mia musica. La cometa struggente che fa da tramite tra l’ottimismo degli anni Ottanta e gli anni Duemila, i social network e quel che ne è seguito. Li considero una specie di ultimo canto del cigno, e mi risuonano dentro da allora. (No, non ho in piano di affrontare Kurt. Anche perché l’hanno già fatto in tanti. Però gli Smashing Pumpkins, per dire…).
Nella storia raccontata in Dolores, emerge una figura estremamente determinata, ma anche particolarmente fragile. A cosa ti sei connessa empaticamente, al punto di decidere di scrivere di lei?
Dolores mi è apparsa in sogno in un momento particolarmente difficile della mia vita. Cantava No need to argue vestita come nel video di Animal Instinct, capelli lunghi biondi e margherite in testa. Mi sono resa conto di quanto di lei mi portassi dentro, come in latenza. Non avevo più pensato a Dolores. Era il momento di interiorizzarla davvero, di capire perché era così vera, perché riuscivamo a sentire così tanto attraverso di lei.
La prima cosa che mi ha colpito è stata la connessione tra la vita privata e le copertine degli album dei Cranberries. Come ci hai lavorato?
Subliminalmente. Volevo che la parte a colori del fumetto fosse connessa agli anni Novanta, a quello che passava costantemente sotto i nostri occhi e ci si ficcava nell’anima, soprattutto per via di MTV. Per cui nella prima parte, Mirtilli Rossi, ho lavorato in questo senso, come per riportarti indietro. Nella seconda, invece, ho usato lo stesso immaginario per parlare d’altro. La connessione con la vita di Dolores, anche per via dei testi, è avvenuta in automatico, come se fosse sempre stata lì – la casa che brucia e il pagliaccio erano perfetti per rappresentare i demoni che la divoravano.
Come in molti aspetti, la natura spirituale di Dolores è duale. La vita da rocker e la fede cattolica. Come faceva a far convivere queste due anime secondo te?
In realtà il rock e la fede non sono mondi spirituali così lontani: pensa a Johnny Cash, Nick Cave, o anche che ne so, a Bon Jovi o a Springsteen. Temo che a creare a Dolores problemi di crash di sistema – passami il termine – fosse piuttosto il disturbo bipolare, come è avvenuto e avviene per tante altre rockstar (incluso Jeff Buckley, tra gli altri).
Introduci il tema delle molestie con una delicatezza eterea. Una porta socchiusa che mostre le sue vere insidie molti anni più tardi, trasformandosi di fatto nell’elemento chiave della sua esistenza. Che difficoltà c’è stata per te nello scriverne?
Per tanti motivi di cui ora non parleremo provo una grande empatia per quello che è accaduto a Dolores. Per cui, sì, è stato difficile, e la delicatezza l’unico modo in cui mi sentivo di farlo. Ho usato le parole che ha usato lei nelle interviste che ha rilasciato, senza inventare nulla. Avrei voluto… non so. Portarla in salvo, credo.
Parliamo della figura incappucciata. Compare quasi come un personaggio reale, e solo poi ci rendiamo conto che è una proiezione della coscienza di Dolores. Che lavoro hai fatto per crearlo ?
Credo che il ragazzo con il cappuccio della felpa sugli occhi rappresenti in un certo senso gli anni 90. È il ragazzo che tutte avremmo sognato, misterioso, romantico, inafferrabile. E poi, naturalmente, è anche altro. Dolores lo crea – o per meglio dire lo trova nello specchio – nel momento in cui l’infanzia le viene rubata per sempre. È il custode della casa che brucia, l’unico che l’amerà sempre e non la lascerà sola. È la sua promessa a se stessa bambina.
Il tuo racconto è denso di riferimenti, eventi, aneddoti. Nei tuoi ringraziamenti citi le fonti di tutte queste informazioni, ma il lavoro di ricerca è squisitamente tuo. Quanto tempo hai lavorato a queto progetto. E come hai integrato l’analisi delle fonti e la creazione del tuo plot ?
Una cosa che mi ha lasciato di sasso è scoprire che non esisteva nessuna biografia su Dolores o i Cranberries. Negli anni 90 era uscito qualcosa di parziale, ma ormai era tutto fuori catalogo. Così sono andata a rileggermi tutte le interviste rilasciate da Dolores e i ragazzi raccolte su Cranberriesworld. Da lì ho preso parole e informazioni e le ho trasformate in piccole scene, perché mi piace raccontare per aneddoti, non per spiegoni. Il plot è stato creato in corso d’opera: sapevo dove volevo arrivare ma non come, per cui si è trattato più di un intreccio che di un innesto. In totale ci sono voluti quasi tre anni, però ho lavorato anche ad altro nel frattempo.
Come è lavorare ad un biopic. C’è stato un momento in cui hai pensato ‘chissà se la mia Dolores è differente da quella reale’?
Le mie biografie preferite sono quelle guidate da una forte idea narrativa. Il racconto dettagliato dei fatti mi interessa relativamente: voglio appassionarmi alla storia, ridere e piangere, come credo chiunque fruisca un’opera di fiction. Anche alla luce di questo credo sia inevitabile che la mia Dolores sia un po’ diversa da quella reale: è la mia Dolores, la Dolores che io ho raccontato. Se l’avesse raccontata Lynch, ad esempio, l’avrebbe fatta tutta diversa.
Domanda di rito, potessi scegliere un personaggio qualsiasi su cui scrivere, a chi ti dedicheresti?
Potresti darci qualche dettaglio sui tuoi progetti futuri?
Non rispondo a nessuna delle due domande perché ancora non posso dire nulla sui miei progetti futuri, ma mettiamola così: sono tutte e due ottime domande 🙂
Francesca
Come è stato lavorare su questa sceneggiatura? Hai lavorato avendo a disposizione tutto lo script, o sviluppavi le tavole man mano che ti arrivava la sceneggiatura ?
E’ stato molto stimolante perché il confronto con Micol è stato fitto, lasciando comunque molto spazio alla mia interpretazione grafica di alcuni momenti. Se avevo un’idea da integrare, Micol è sempre stata molto di supporto in questo, lasciandomi carta bianca. Ho sviluppato tutto il libro man mano che mi arrivava la sceneggiatura avendo comunque ben chiara l’atmosfera di tutto il lavoro, su come si sarebbe sviluppato e su come doveva e voleva concludersi.
Come hai sviluppato il character design dei personaggi?
Attraverso una ricca ricerca di documentazione fotografica. Questo tuttavia non mi ha precluso una ricerca del tutto personale dei vari personaggi. Di loro, soprattutto Dolores, abbiamo un vasto bacino di ritratti fotografici online ma la maggior parte sono finalizzati alla promozione del “personaggio artistico” più che alla “persona” in sé. Sono pochissime le foto in contesti quotidiani, con espressioni naturali. Sotto quel punto di vista ho lavorato nel ricreare le loro espressioni in ambienti familiari, dove nessuna telecamera o macchina fotografica li hanno mai raggiunti.
C’è un momento in cui disegni la giovane Dolores, in cui mi sembra di riconoscere anche Micol (è la parte in cui racconta di essere divenuta commessa dell’anno). È una sorta di easter egg, o sono io che soffro di paraidolia ?
In verità non sei andato molto lontano. Mentre studiavo e disegnavo il volto di Dolores mi è parso a volte che Micol un po’ le assomigliasse. In verità sono molto diverse, ma qualcosa c’è. Chissà, può darsi che in quel caso l’associazione fra i loro visi abbia lavorato in maniera inconscia portandomi a ricrearne l’assomiglianza.
La cosa che adoro del tuo stile , è che a seconda dl tipo di sequenza (flashback, onirica, vita reale, copertine) hai sviluppato soluzioni differenti. Come hai costruito graficamente Dolores ?
Ho costruito tutto il libro con l’idea che l’immaginario dei Cranberries piano piano si mutasse sempre più chiaramente nella rappresentazione della sfera emotiva di Dolores. Micol mi aveva anticipato che avrebbe usato le immagini della band per comunicare in maniera simbolica gli stati emotivi della cantante. Questo mi ha permesso molto di giocare con i simboli, di decidere soluzioni grafiche che avessero un importante significato emotivo. La personalità di Dolores, così sfaccettata, aveva bisogno di un caleidoscopio di rappresentazioni grafiche, ognuna con una sua importanza e un significato. E alla fine rimane solo lei, Dolores e i suoi colori.
Parlavamo del character design, ma di fatto Dolores è un racconto sugli anni ’90. Hai dovuto interpretare la moda, lo stile, la tecnologia. Che tipo di ricerca hai fatto?
Ogni tanto mi sono dovuta ricordare che i cellulari erano diversi e tutta la tecnologia è molto cambiata. Ogni tanto ho riso perché al posto di un telefono cordless nel layout della tavola è successo che ho abbozzato uno smartphone (ahah). Ovviamente correggevo subito. Alla fine anche se ero bambina negli anni ‘90, ricordo bene quel periodo, sia a livello di moda che di tecnologia. Non è stato difficile, è stata tutta un’operazione nostalgia molto forte!
disegni in digitale o analogico? Tipicamente quali era la tua routine nella creazione delle tavole e che tempistiche ci sono state?
Principalmente disegno tutto in analogico. In tutto il libro ci sono solo due vignette totalmente disegnate in digitale, assieme alla copertina. Il resto è un insieme di tecniche in tradizionale, a volte usate singolarmente, a volte usate assieme. Solo la colorazione è rimasta in digitale. La mia routine quindi è stata molto variegata, a seconda della tavola che dovevo realizzare. Le tavole realizzate solo a china prendevano uno-due giorni di lavorazione, contando sia la matita che la fase di inchiostrazione (in media). Mentre le tavole a grafite, carboncino, toni di grigi e poi successivamente colorate in digitale, qualche giorno in più.
Quale è stata la parte tecnicamente più difficile da disegnare? E quella emotivamente più complessa?
Tecnicamente più difficile quasi nessuna, è stata solo questione di pazienza. Dal punto di vista emotivo invece, beh, ce ne sono molte, ma quella che è stata accompagnata durante la lavorazione anche da un malessere fisico è stata quella del sogno di Dolores.
Domanda marzulliana : quale è il tuo rapporto con lo spazio bianco?
Lo spazio bianco è una distesa infinita di possibilità.
Hai mai pensato di sviluppare dei progetti come autrice completa ?
Mentirei se ti dicessi di no, ma ora come ora non ne sento la necessità.
Se potessi scegliere un qualsiasi personaggio del fumetto mondiale con cui misurarti, chi sceglieresti ?
Ce ne sono così tanti, perché sceglierne uno!
Potresti raccontarci qualcosa dei tuoi progetti futuri ?
Posso dire solo: America.