Sulla necessità dei punti di pressione. Se negli ultimi mesi avevo avuto la sensazione netta e definita che le vicende del nostro barbuto eroe stessero volgendo ad un tragico quanto logico epilogo o, perlomeno, ad una trasformazione nettissima dello status quo in grado di sovvertire qualsiasi legge della omeostasi da fumetto popolare, questo numero 37 arriva per calmare un po’ le acque.
E lo fa con uno stile ed una capacità di concedere non necessariamente da tutti. Sarebbe stato davvero troppo facile prendere tutti gli eventi lasciati in sospeso dalla diade dei numeri 23 e 24 e raccontare tutto senza invece raccontare nulla.
Al contrario, questo numero 37 chiude alcune delle sottotrame più importanti legate a Ryden ed al rapimento di Lily (la figlia di Samuel) messo in atto nell’episodio precedente. Ecco, qui forse l’occasione poteva essere ghiotta per tenere la tensione alta più di qualche numero ma, a mio gusto personale sono ben lieto che invece la cosa sia andata a chiudersi subito qui.
Il tocco di classe che Marco Savegnago e Massimiliano Filadoro giocano invece è quello di svelare un pezzo importante dell’infanzia di Samuel per mostrarci esattamente quello che vogliono loro. Dell’infanzia di Samuel avevamo visto giusto qualche vignetta e, da piccoli dettagli e minute rivelazioni, avevamo compreso che non tutto fosse completamente limpido come fosse lecito aspettarsi.
Che Samuel sia un tipo di ero abbastanza riluttante, non certo privo di macchia è cosa nota. La sua necessità di schierarsi nella guerra tra schiere celestiali ed infernali non è poi coì netta e anzi, spesso, il dubbio lo assale, portandolo quasi ad empatizzare con gli esseri destinai a Legione.
Con la storia di questo numero finalmente comprendiamo il perché. E anche se no ns tratta di una vera sorpresa, era ovvio che ci fosse dell’oscurità nella nasciate di Samuel, l’espediente narrativo che gioca un valore chiave è proprio quello di non permettere alla origin story di occupare un peso specifico ampio. Come diceva il vecchio Splinter nel segreto di Ooze, ‘non lasciate che le vostre origini vi definiscano’.
E in effetti in questo episodio piuttosto che stupirci, ci rasserena vedere il nostro vecchio alle prese con rapporti familiari con un elevato grado di tossicità. Gestirli e fare un passo avanti. Molta modernità e tanta, troppa fatica
In questo troviamo il rapporto di Samuel e Ryden che finalmente volge ad un confronto risolutivo in grado di mettere un punto e ripartire. Che è esattamente quello d cui parlavo in principio. Dopo questo numero, il team Bugs avrà la possibilità di raccontare un paio di storie che esulano dall’arco narrativo principale assestandosi sul ruolo di episodio autoconclusivo e speculativo. Ed in serial dell’avventura come questo è più che necessario raccontare anche storie che possano aprire nuovi spiragli e semplicemente staccarsi dall’ambito narrativo principale.
In tutto questo le matite di Ferracci, sebbene un po’ acerbe in alcuni frangenti, giocano bene la misura emozionale e bucolica dell’ambientazione, portando l’episodio al livello emozionale di Wicked Man. La scala di grigi, molto ampia, permette inoltre di donare profondità alla storia, regalandole uno squisito allure folkloristico.
Si tratta di un unto di (ri)partenza non male. Di quelli che dal prossimo numero in avanti potranno permettere di avvicinarsi al personaggio senza sentire tutta assieme la necessità di recuperare dozzine di albi. Ma senza neppure dimenticare la consapevolezza che, in fondo si è tutti parte di un mosaico più ampio.