Dopo tanti episodi collegati alla linea narrativa principale, probabilmente per dilatare e contenere la tensione, arriva un episodio autoconclusivo che, pure, non si allontana troppo da Legione.
A rendere chiaro che le cose sono cambiate definitivamente nei bilanciamenti dei rapporti tra i personaggi principali, basta una constatazione di Penny. Samuel non è più lo stesso di prima. Il suo volto è più corrucciato di preoccupazioni, lo sguardo fisso all’orizzonte in attesa di una tempesta sempre più prossima. Non è un caso che Penny aggiunga, quasi era meglio quando neppure lui sembrava aver chiaro cosa stesse succedendo.
Con questa necessaria constatazione, affrontiamo questo nuovo capitolo delle gesta del barbuto eroe. La sua presenza qui, per la maggior parte dell’episodio, è percepita in chiave oggettiva. Antonella Liverano Moscoviti ci fornisce il punto di vista di Penny e dei vari personaggi secondari, mostrando Samuel quasi come fosse capace di destreggiarsi con una magia agli altri incomprensibile. Quanto interviene, sembra quasi stanco o svogliato. La sua necessità di affrontare un altro accesso a Legione, è minima.
E l’accesso a Legione in questo caso è nelle pieghe della pelle, esoterico, in una modalità che sono sicuro è molto nelle corde di Massimiliano Filadoro. Per rimanere a discutere del nostro amato dream team made in Bugs.
Che i tatuaggi siano qualcosa di più di una decorazione estetica composta da inchiostro ed epidermide, credo sia chiaro ai più. Che possano rappresentare un percorso esistenziale di crescita e trasformazione è palese. Ve lo dice uno che adotta lo stesso criterio per decorarsi la pelle. Leta, la protagonista di questo albo, non è una posseduta, almeno non secondo il canone che abbiamo imparato a riconoscere in questi quaranta mesi del nostro eroe. La sua è comunque una vita spezzata, spezzata secondo un canone tristemente contemporaneo ed estremamente moderno. Il suo corpo è riconoscibile a tutti grazie al revenge porn. Eppure se lei finisce per avere ragione del suo persecutore, l’ansia e la depressione la controllano.
Per cercare di liberarsene decide di incidere nuove linee sul suo corpo e quasi per caso entra in contatto con Mark. Un nuovo tatuatore con la capacità di rendere estremamente vivide le immagini su pelle. Al punto che Leta sogna di esservi dentro, in un mondo dai contorni stranamente familiari.
E chi vede il suo tatuaggio potrebbe quasi scommettere che si stia muovendo, che ammicchi. Non vi svelerò l’arcano né chi è l’avversario che si paleserà su un finale quanto meno psichedelico. Ma posso garantirvi che in modo lento ma deciso, l’universo di Samuel sta diventando sempre più ampio.
A rendere il tutto sufficientemente inquietante, ci sono le tavole di Francesca Biscotti cariche di dettagli e soprattutto ricamate di splendidi sfondi. Quello che colpisce maggiormente però è la sua capacità di lavorare sull’espressività dei personaggi e sulla loro capacità di reagire alle sensazioni e ai sentimenti. In un horror dai contorni fortemente psicologici questo elemento è per forza qualcosa di necessariamente irrinunciabile.
Un’ultima parola la vorrei spendere sul finale, bello e poco rassicurante, come un vera storia dell’orrore dovrebbe essere. La tela sottesa resta ansiogena e opaca, e le atmosfere ricordano pericolosamente da vicino il periodo del primo Hellblazer di Jamie Delano. E non è proprio una cosa da poco da ottenere.