Secondo mese post reboot per l’indagatore dell’incubo. Questa volta a tenere compagnia all’inquilino di Craven Road sono la Baraldi e Furnò che si producono in un episodio notevole, ad altissimo tasso adrenalinico ma che in fondo non mio fa abbandonare la sensazione di camminare sul ghiaccio sottile.
Intendiamoci, il numero funziona molto bene. Le matite di Furnò, solide in quel dualismo tra pieni e vuoti, producono un Dylan nervoso, teso, carico di espressività e repressioni. E anche il tema trattato permette, con estetismi digitali, di spaziare su sperimentazioni grafiche eclettiche e mai banali.
L’elemento chiave di questo episodio è l’alienazione. Quell’avere la percezione che ‘essi’ vivono tra noi. Un po’ come gli invasati di Jack Finney citati in prefazione dal Curatore, Dylan è indotto a vedere individui che si muovono e agiscono secondo regole differenti da quelle degli altri. Pochi se ne accorgono e quando lo fanno se non impazziscono, una brutta fine è comunque quello che gli aspetta. Ed è così che succede a Dylan con un curioso meccanismo di impianti basati sul flashback. Le prime pagine lo vedono ostaggio di un pazzo in una radio. Il tizio che suda e che parla a vanvera, gli S.W.A.T. armati di fucile da cecchino che aspettano la proverbiale linea di tiro libera. Fino a quando il colpo definitivo ci riporta al principio della storia, Dylan ed una bella DJ nel suo studio, lei preoccupata dalle telefonate che riceve ripetutamente da un pazzo. Un pazzo che ripete sempre la stessa cosa, sono tra di noi, ma non sono come noi.
Il topos dell’alienazione, come dicevamo poche righe fa, è ben pasciuto nei pascoli della fantascienza, dell’horror e, soprattutto del genere weird. Tutti viviamo questa sensazione una volta o l’altra nella vita, forse proprio per questo si tratta di un tema che attecchisce così bene.
Semmai, in questo caso, il colpo da maestro di Barbara Baraldi è proprio quello di chiudere il flashback nato dalla scena iniziale, circa a metà albo, dando spazio così ad una nevrosi tutta squisitamente invasata nella mente di Dylan di svilupparsi ed attecchire.
Dylan in sostanza viene infettato e, anche lui comincia ad avere visioni di esseri che usurpano la realtà, quasi delle incursioni (il termine non è così gratuito) da un mondo parallelo. Non è un caso perché il riferimento ad un mondo dello specchio, pesca ancora da quella sorta di Crisi sulle Terre Infinite vissuta da Dylan pochi mesi fa, sempre per mano della Baraldi, almeno in parte.
Ed in effetti suona un po’ strano che, al di là di tutto, Dylan venga rispedito in un ospedale psichiatrico per via della sua paranoia e cerchi di fuggire fino ad arrivare al nocciolo della questione. Si percepiscono degli echi insomma, di quello che abbiamo letto solo poco fa, e se il gusto per l’autocitazione è meraviglioso, fossi stato in un editor, avrei fatto passare più numeri prima di riproporre una situazione potenzialmente così simile.
Quello che colpisce insomma, è che non ci sia ancora nessun riferimento a quanto è accaduto. Gli ultimi due numeri hanno rappresentato due episodi formalmente disimpegnati rispetto ad una continuità spinta che, oramai, non dovrebbe esistere più.
Rimane un senso di mistero, e non vi nascondo, di impazienza. Questo silenzio è assordante e non si sa spiegare come possa perdurare, senza nessuno che smuova certi tasti.