Ho aspettato un po’ prima di scrivere dell’evento. Lo aspettavo da troppo e sono evidentemente troppo coinvolto emotivamente. Ed in effetti, se devo tenere a mente una sensazione soltanto di quella (non) lunghissima serata, sono le mie espressioni di beatitudini ogni volta che Bruce intonava una denumerosissimesime fan favorites. E non sono mancate, potrei considerare il concerto quasi un greatest hits. E questo, col senno di poi, potrebbe essere già una nota stonata.
Ma ne arrivano altre.
Prima di tutto quello che è successo a Ferrara. Per me che ho visto il Boss rattristarsi per il terremoto in Emilia mesi dopo che era accaduto, pensare che fosse nelle stesse zone appena poche ore dopo un’altra catastrofe e che non ne abbia fatta menzione, mi è sembrato piuttosto strano.
Ma la stampa internazionale parla di un tour con la scaletta fissa, mediato da quello strepitoso Springsteen on Broadway, che deve essere un modo quasi catartico per celebrare la sua rinnovata percezione della mortalità. Per quanto a 73 anni, sembra ancora in formissima. Unica cosa effettivamente diversa, delle sneakers morbidissime al posto dei soliti stivale. Ma vabbè.
Anche sulla durata del concerto potrei dire la mia. Poco sotto le tre ore, senza sbavature, iniziando ad un orario assurdo, 19:30, come stampigliato sul biglietto. 28 pezzi contro i 34 del 2016 (fidatevi ho ordinato il concerto dal suo servizio live, ed è raccolto su 4 cd, perché quello, davvero, fu il suo concerto della vita, almeno per me!). Tra l’altro scaletta rigida, senza tregua, ma quasi asettica, per chi è abituato ai cambi improvvisi dei suoi tour. Ora, io nel 2006 rimasi deluso vedendo i Rolling Stones (che se non sbaglio i calcoli, erano più giovani del Nostro, ora) andare avanti per al massimo due orette e perdendo pure un sacco di tempo. Quindi non c’è da lamentarsi, solo che non è quello a cui ci ha sempre abituato lui.
In più Bruce parla pochissimo, pochi interventi programmati, addirittura sottotitolati (facendo perdere completamente l’illusione dell’unicità dell’evento).
Non vogliatemene, non è questione di essere delusi. Ho sempre saputo che la E Street Band è una macchina da entertainment e, in fondo, sarebbe impossibile, fare tutto quello che hanno fatto in mezzo secolo senza programmarselo prima. Ma stavolta si vedono i fili, e la sensazione fa un po’ male. Ahio.
Non pensiate sia tutto lamentele. Bruce suona assoli fulmicotonici e la band, estesa, gli va dietro senza mollare un colpo. Professionisti fino al midollo, danno tutto quello che hanno. Eppure.
Eppure quando eseguono Born in the U.S.A. , Bruce ripete fedelmente ‘ten years down the road’ anziché il solito ‘fourty’ , che adesso potrebbero essere pure ‘fifty’ alludendo alla sua carriera . Tutto da manuale, troppo.
A questo punto ci sono due correnti che mi attraversano la spina dorsale. La prima, più drammatica, mi fa temere il peggio. Bruce è sempre stato un professionista, ma forse, ora, rimane fedele ad un copione, perché vuole prendere commiato da questo mondo, e decide di farlo regalando un suo greatest hits esplosivo. È vero, c’è il siparietto delle armoniche regalate ai bimbi delle prime file, ma il resto è davvero troppo lontano dal calore delle tournè precedenti. Forse sta male, magari non fisicamente, ma sente il bisogno di lasciare un buon ricordo senza poter veramente andare oltre.
Poi c’è una seconda ipotesi più positiva. E mi fa venire in mente il tour di Devils & Dust, quello acustico nei palazzetti. All’epoca il significato per lui era estremamente più importante del significante. E per far sì che tutte le parole arrivassero a destinazione, ogni volta che il pubblico faceva il coro, lui allontanava le labbra dal microfono per richiamare al silenzio. Poco gradevole, ma efficace. Qui potrebbe venir meglio la relazione empatica, che in effetti emerge solo verso il finale dello show.
Il messaggio che vuole portare avanti c’è, lui è l’ultimo uomo in piedi. Dei Castiles sicuramente, come più probabilmente di tutto un certo modo di fare musica. E forse, questo potrebbe essere il tour di addio della E Street.
Del resto, quanto possiamo immaginarceli così gagliardi a salire sul palco?
Non lo so, e probabilmente bisognerà aspettare Monza per capire come stanno davvero le cose.
Nel frattempo, vorrei davvero poter suonare la batteria come Mighty Max Weinberg…