Prima di cominciare a leggere Riflesso Perfetto dovete tenere ben presente una cosa. Mattia Surroz è un autore complesso ed introspettivo. Non fatevi ingannare dal tratto morbido, perché questa lettura vi tirerà due o tre pugni emotivi, lasciandovi senza fiato.
C’è qualcosa di morboso nello stile di Mattia. Assieme a Paola Barbato ci ha regalato la saga di 10 Ottobre (scoprirete tutto leggendolo qui) che non aveva paura di guardare dritto in faccia uno dei temi meno frequentati di media, la morte. Adesso, se possibile, si cimenta con un tema ancora più temuto e vituperato, la vecchiaia. E non la vecchiaia rasserenante, ma quella carica di rimpianti e acciacchi.
I protagonisti della storia, Enea e Giacomo, vivono tutti in una casa di riposo. Enea si ritrova Giacomo in camera e, anche se non è più tanto presente e non può parlare, lo riconosce immediatamente.
Quasi come fosse una madeleine proustiana, un breve sguardo fa scaturire i ricordi, e le fantasticherie di una vita. Perché Enea conosce bene Giacomo, o almeno, avrebbe voluto conoscerlo. Invece le costrizioni dell’ambiente, della famiglia, o forse anche quelle che si è autoimposto lo hanno frenato. Non è mai successo nulla tra di loro, ma il ricordo della semplice possibilità, accompagnerà Enea per tutta la vita.
C’è una frase che arriva a tre quarti di storia, e che stende, senza nessuna pietà. La fantasia degli infelici è per forza più sviluppata. Da solo Enea ha dovuto crearsi delle illusioni perché non ha saputo cogliere il regalo che la vita gli stava facendo. E quindi vive la loro vita assieme con rammarico. Non riesce ad accontentarsi pensando a tutto quello che sarebbe potuto essere e che invece non è stato.
Mattia è bravissimo a delineare il rammarico, l’insoddisfazione e anche un certo senso di possesso, nel raccontare Enea. Che non sa rinunciare a Giacomo e che, anche semplicemente accostando i letti, cerca di recuperare, ora che è alla fine dei giorni, tutto quello che può.
Ci vuole coraggio nel sapersi addentrare in questo tema. Mattia racconta la vecchiaia senza giochi di parole. Non è una resa aspra, forse appena amara, come poteva essere un film di Monicelli. Ma la sua bravura sta nell’alternare il registro grazie ad una linea comica che ammorbidisce i momenti più tetri. Alcuni siparietti, come quello dei vecchietti in una spiaggia per nudisti sono strepitosi. E nel complesso, il tema della vita agli sgoccioli e delle piccole soddisfazioni è centrato alla perfezione.
Sarebbe impossibile non fare il paragone con il Paco Roca di Rughe. Ma è anche vero che loro due sono gli unici capaci di toccare questi temi senza sprofondare nel volutamente patetico.
La resa grafica è strepitosa. Il tratto morbido di Mattia rende i personaggi leggermente caricaturali, contribuendo a quello scostamento in leggerezza dalla drammaticità del tema. Il design, e la colorazione, sono amalgamati in uno storytelling pulito, quasi da studio Ghibli.
Tutto, nella realizzazione di questa storia, porta ad una forte empatia con Enea. La narrazione ci rende testimoni del suo soffrire una vita vuota e del suo doversi accontentare. La tristezza si sciogli in commozione nel vedere i due vecchi (quasi) amanti di nuovo assieme.
È una storia importante, che segna una volta di più, l’eclettico percorso che la linea Audace sta intraprendendo con questi cartonati.