Il nuovo episodio di Dylan Dog, Terra Funesta, dimostra ancora una volta che il cambio di curatore ha fatto miracoli. La storia riesce a funzionare benissimo sia a livello di trama che intreccio. Ed ha un finale davvero psichedelico!
Vi ho già parlato (più o meno da queste parti) di quanto stia apprezzando il lavoro di Barbara Baraldi come curatrice. E va detto che, anche quando non si schiera in prima persona, il risultato non è mai banale. Anzi riesce a sfiorare certe vette che è quasi impossibile non provare un brivido. Specie nel finale.
Prima di cominciare a parlarvene, però, una doverosa nota. L’introduzione è cofirmata da Tiziano Sclavi e commemora Alfredo Castelli. Non riesco ancora a credere che lui non stia più a rovistare nella sua biblioteca alla ricerca di nuovi spunti narrativi. Ma Sclavi riesce a rendere meglio di me questo vuoto desolante.
Terra funesta gioca con un topos dell’horror che è stato sviscerato in più modi senza riuscire mai a stancare. Il tema dell’Altro declinato ad un luogo. Una realtà specchio che attira solo radiazioni oscure è ben noto a chi vi scrive. Da Silent Hill a Stranger Things, l’immaginario di una realtà doppia è sicuramente vasto. Ma quello che conta davvero, è come viene declinato .
Dario Sicchio riesce nell’intento di non risultare mai banale e ci presenta una versione alternativa di una vecchia città mineraria dove Dylan finisce alla ricerca di un ragazzo Trevor Mills. Trevor lavora nell’impianto che sfama tutta la città, ed ha probabilmente la sola colpa di essere troppo gracile, anche psichicamente, per potervi resistere. Così viene bullizzato, messo in condizioni critiche, dall’azienda e dai compagni.
Fino a quando Trevor non entra in contatto con questa realtà. Quello che accade dopo, porta Dylan nel ventre della bestia ma non pensiate che sia tutto qui quello che vi aspetta. La capacità di Sicchio è quella di mostrare una traiettoria narrativa e subito dopo farci vedere che invece si sta andando in un’altra direzione.
Trevor Mills potrebbe essere il cugino campagnolo di Johnny Freak. La sua vita non è mai stata davvero facile ed è finito per costruire una maschera di rancore e rabbia per nascondere le sue fragilità. L’intervento dell’Altro è il catalizzatore che porterà a concretizzare il suo inferno.
La Bravura di Sicchio non di ferma là. La gestione di Groucho è semplicemente magistrale. Il suo tipico nonsense viene perfettamente declinato in assonanza con lo svolgimento della narrazione. Sul finire, trascende quasi in una seduta di autoanalisi dove il subconscio diviene concretamente un tassello di quello che sta accadendo.
L’intera sequenza finale, inclusa l’ultima battuta di Groucho, sono da manuale. Psichedelia che richiama il paragone con Moebius e Otomo. E lo scrivo con ammirazione totale.
Il merito va equamente condiviso con Riccardo Torti che si cimenta con tavole che spezzano la tradizionale gabbia Bonelli arrivando a riempire lo spazio bianco di scene fortemente evocative. Un grande esempio di sperimentazione che di dipana maggiormente nella sequenza finale di Terra Funesta. Design, regia, concetto grafico, tutto è spinto oltre il limite. Di bilancio, le sequenze iniziali, marcatamente più realistiche, sarà che rappresentano in maniera tangibile la nebbia, ma sono, a mio gusto, troppo leggere nell’utilizzo di ombre e neri. Ma ripeto, questione di gusto personale.
In generala si trotta di un numero in stato di grazia dove ogni elemento si va ad incastrare creando un tappeto narrativo dove Dylan agisce mosso dalla sua pietas e da dove nessuno esce veramente vincitore.
Un episodio dove si affronta satira sociale, bullismo, dimensioni specchio e horror vacui, tutto condito con una brillantezza dei testi ed una precisione stilistica decisamente non da poco.
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