Il nuovo volume edito da Astra Comics riporta alla luce un classico firmato Fellini, riadattato in quasi contemporaneità da Gabriele Salavatores per il cinema e da Morvan e Tirasso per la nona arte.
Scrivere di Napoli in una stanza di albergo a Napoli ha qualcosa di velatamente magico. A pochi metri da dove mi trovo in questo momento potrei affacciarmi ed avere una visione di tutto il golfo. Una visione che quasi commuove.
Ed è esattamente questo uno dei registri che attraversa questa curiosa storia, Napoli New York, recuperata da un manoscritto di Federico Fellini e del suo storico sceneggiatore, e Tullio Pinelli.
La storia, racconta sostanzialmente di due giovani innamorati, Celestina e Carmine e delle loro peripezie per trovare uno spicchio di felicità.
Le due città menzionate nel titolo indicano i luoghi di partenza e destinazione della loro avventura, o meglio ne inquadrano una dimensione che potrebbe, non a caso – e in perfetto stile con quello cui Fellini ci aveva abituato – essere onirica, di sicuro favolistica.
Jean David Morvan applica gli stessi filtri utilizzati da Salvatores. Le avventure di Celestina e Carmine ricordano volutamente i grandi romanzi di formazione alla Mark Twain dove le rocambolesche avventure dei protagonisti, sfocianti, anzi, tracimanti una nella successiva, portano alla fine ad una commistione di buoni sentimenti e tanta commozione.
La storia inizia col crollo del palazzo danneggiato in cui Celestina viveva con la vecchia zia. Tiranneggiata da un fratello crudele, si rifugia da Carmine, un ladruncolo in cerca della grande fortuna. Assieme provano a vivere per i vicoli di Napoli ma quando anche quello diventa impossibile, tentano la fortuna da clandestini verso New York. La dovrebbe esserci la sorella di Celestina, partita per seguire il suo amore soldato. Ma nel frattempo nel corso del viaggio devono sfuggire al capitano della nave, burbero dal cuore d’oro, ed evadere da Ellis Island.
Il tono, solo apparentemente leggero, ci riporta indietro in una dimensione, che specie nella sequenza del viaggio, ricorda i vecchi film muti. Ma la leggerezza è davvero una bella maschera che invece ci rivela solo a tratti la difficoltà di tutti quelli che tentavano la traversata solo perché dovevano necessariamente sopravvivere.
E sa Dio (o chi per lui), quanto necessitiamo che ci venga ricordata un’epoca neppure troppo lontana, in cui eravamo noi ad attraversare gli oceani verso una terra straniera.
Ste Tirasso disegna le tavole con un tratto leggero, ma decisamente intessuto di piccoli dettagli e dotato di un color script fenomenale.
Anche dal punto di vista grafico la necessità è quella di far risaltare la dimensione favolistica, a volte persino accentuandola oltre il necessario. La sequenza sulla nave, e le tavole finali, ne sono un ottimo esempio.
In generale leggendo questa storia se ne percepisce l’importanza, e la magia, mi si conceda, di qualcosa legato al mondo di Fellini. Si sente il sapore di un’altra Italia, neorealista ma incapace di subire soltanto gli stimoli della malasorte e della disperazione.
L’andamento picaresco contribuisce ad un ritmo ben misurato che ci spinge ad affezionarci ad i due protagonisti e ad aspettare l’arrivo della tanto sospirata e (forse) sopraggiunta, felicità.
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